Rif.: Is 66,10-14c; Sal 65/66,1-16-20; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20
No, non udrai rimproveri; copriam d’oblio il passato, l’amor che m’ha guidato, sa tutto perdonar.
Le parole che Germont rivolge al figlio Alfredo, nel secondo atto della Traviata, colgono pienamente lo spirito della promessa che Dio indirizza al popolo per mezzo del profeta Isaia: “Come una madre consola il figlio, così io vi consolerò”. Una promessa sulla quale si fonda la nostra speranza cristiana quella di essere accolti da Dio e consolati da Lui per tutto ciò che è stato il nostro vissuto colmo di gioia, ma anche di brutture come il peccato, la malvagità, l’egoismo. Le parole divine ci confortano e ci incoraggiano disperdendo la tentazione di sentirci paralizzati dalla nostra indegnità, dal desiderio di acconsentire alla passività o al fatalismo. Ci animano le parole del Credo che ogni domenica pronunciamo: “(credo)… la remissione dei peccati …”. Con esse noi dichiariamo: di credere di credere che Dio ci perdoni fin da ora per poi consolarci nell’eternità. Con questa meta, che si staglia all’orizzonte della vita, tutto acquista un nuovo significato e comprendiamo l’esortazione di Gesù ai discepoli di non rallegrarsi perché i demòni si sottopongono ad essi, ma piuttosto perché i loro nomi sono scritti nei cieli.
La Liturgia anche oggi torna a ribadire che tutto ciò che appartiene alla transitorietà terrena è destinato a non contare: nulla infatti rimarrà dei miracoli compiuti, della sapienza acquisita, delle conoscenze accumulate, delle distratte preghiere che si affastellano nella giornata. Tutto questo passerà e noi rimarremo piccoli e poveri agli occhi di Dio: ciò che invece rimarrà in eterno sarà l’amore con il quale Dio ci attende e con il quale ci amerà, è l’amore che Egli nutre che ci rende speciali, non le “grandi” azioni compiute o il potere esercitato. Il destino che ci attende è ciò di cui dobbiamo tener conto e con il quale misurare i nostri progetti e le nostre azioni. S. Paolo tutto considera nulla di fronte a Cristo, egli non si vanta di aver fondato nuove chiese o di essere stimato dagli Apostoli di Gerusalemme o altro. Paolo è finalmente libero da ogni preoccupazione terrena, il suo interesse e il suo vanto sono nella Croce di Cristo perché sa che Gesù sarebbe stato pronto a sacrificarsi anche per un solo uomo, anche per il solo Paolo. E allora nulla più ha importanza, nulla più conta, rimane questo amore incalcolabile, incredibile di Dio Paolo si sente importante perché amato da Dio e dal suo Figlio Gesù e allora anche le sofferenze sono motivo di gioia perché accettate in vista di quella eterna consolazione che ci attende. Si vive per raggiungere Dio e allora tutto deve essere compiuto, pensato, progettato in vista di questo incontro finale. Quotidianamente però sperimentiamo quanto sia difficile affrontare i momenti bui della fede, quanto sia arduo non tener conto del giudizio altri, quanto sia problematico sentirci liberi mentre siamo soggetti alla fatica di ogni giorno, agli orari di lavoro, quando i nostri affari dipendono dall’umore di chi ci circonda….
Difficoltà numerose ma non insormontabili, il credente attinge forza dalla propria fede e riceve aiuto dalla preghiera così da essere testimonianza vivente dell’amore di Dio. Ed oggi con la Chiesa preghiamo:
“O Dio, …., donaci il coraggio apostolico e la libertà evangelica, perché rendiamo presente in ogni ambiente di vita la tua parola di amore e di pace.”
L.R.
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