Rif.: Gen 18,20-32; Sal 138,1-3.6-8; Col 2,12-14; Lc 11,1-13
Le letture di questa domenica ci parlano della preghiera e ci propongono tre esempi: la preghiera di intercessione di Abramo, la Grande, Unica preghiera di Cristo sulla Croce e infine la preghiera che lo stesso Gesù insegna ai suoi discepoli. Ma in effetti cosa è la preghiera? Cosa ci suggerisce la liturgia di questa domenica? Le sue letture ci aiutano a rispondere a questi interrogativi.
La prima lettura si collega all’episodio della scorsa settimana: dopo aver accolto la generosa ospitalità di Abramo, Dio gli si rivela, anzi gli confida il suo progetto di recarsi a Sòdoma e Gomorra e punirle per il male che in esse si compie.
Inizia così un colloquio nel quale Abramo, con sempre maggiore fiducia ed insistenza fa notare a Dio che sarebbe ingiusto punire il giusto con il peccatore e per questo quelle città vanno preservate anche se in esse si troveranno cinquanta, quarantacinque, quaranta… o anche solo dieci giusti.
La riflessione sulla preghiera inizia con questi primi elementi: essa è innanzitutto un colloquio con Dio e ciò è possibile perché Dio stesso si rivela ed inizia a parlare con l’uomo. A questo punto l’uomo comprende che Dio è il solo giudice al quale rivolgersi per ottenere giustizia, clemenza, perdono, Egli è l’Onnipotente cui tutto è possibile, l’Unico che può distruggere e punire, salvare e perdonare.
Il fatto che Dio si pieghi alla richiesta di Abramo ci mostra anche che Dio sa ascoltare: si instaura così un rapporto di fiducia e nasce la speranza di ottenere quello che si chiede, perché il Dio che ascolta è il Dio che ci ama.
Questi principi ci introducono nella preghiera personale ma come pregare? cosa dire? La preghiera è semplicemente una richiesta? E’ lo stesso interrogativo che forse spinge gli apostoli a chiedere: “Signore, insegnaci a pregare”. Gesù consegna a loro e a noi il “Padre nostro” che può considerarsi una vera e propria catechesi sulla preghiera: Colui al quale ci rivolgiamo non è un essere distante e dimentico, ma il Padre al quale, con questo appellativo, innalziamo il nostro cuore prima delle nostre parole. Egli ci appartiene come noi apparteniamo a Lui, ma la sua trascendenza è tale che ci spinge ad anteporlo ad ogni altra richiesta: perciò sia santificato il suo nome, nelle nostre azioni, nei nostri pensieri, nel mondo intero. A Lui, cui tutto appartiene, ci rivolgiamo perché, buon Padre, quale Egli è, provveda al nostro pane quotidiano ben sapendo quale ampio significato abbia questa richiesta apparentemente semplice.
Nella Scrittura infatti pane è la Parola di Dio, pane è la manna: cibo provvidenziale con la quale Dio nutrì il popolo nel deserto, pane è il suo Figlio benedetto che offre se stesso per noi, pane è la sua volontà della quale Cristo si nutre. Chiedere il pane di ogni giorno significa chiedere il cibo per noi e per i nostri figli, ma anche chiedere che Dio ci ispiri e ci guidi giorno per giorno con la sua Parola, infine significa chiedere Cristo: il suo Corpo, la sua preghiera per noi, la sua vicinanza, la sua “compagnia”.
’invocazione finale del Pater è: “perdona i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo ogni nostro debitore”. Una chiusa sconvolgente che lega l’essere perdonati al perdonare, solo se si è uomini di perdono si può essere perdonati. Questo ci dice che la preghiera ha senso ed efficacia solo se le parole non sono vuote ma nascono da una vita che chiede ciò che è pronta a dare.
Infine Gesù stesso riassume nella parabola le caratteristiche principali della preghiera: perseveranza, speranza, fiducia.
La preghiera di Colletta parla di “mistero della preghiera filiale di Cristo” perché nessuno potrà mai sapere la portata del colloquio intimo che si svolge tra il Padre e il Figlio. Sappiamo però che Cristo con la sua vita, la sua passione e la sua morte e resurrezione ha crocifisso con sé sulla Croce la sentenza che ci condannava (cfr. II lett.), ottenendo per noi il perdono e la salvezza, la vita eterna e l’amore del Padre.
Anche questa volta le letture tracciano un’ascesa spirituale che partendo come una richiesta diventa offerta di sé, perché solo così si entra in comunione con Cristo che si dona al Padre per noi.
Con Cristo, in Cristo e per Cristo finalmente la preghiera arriva alla sua meta che è consegnarsi a Dio alla sua provvidenza, alla sua volontà.
LR