Rif.: Es 32, 7-11.13-14; Sal 50/51, 3-4.12-13.17.19; 1Tim 1, 12-17; Lc 15, 1-10
Nella stupenda liturgia di questa domenica la storia dell’uomo, fatta di lontananze e ritorni, si intreccia con la storia di Dio fatta di attesa e di perdono, di misericordia e comprensione. Sullo sfondo si intravede la storia di un padre che ama i suoi figli al punto di preoccuparsi per loro sia quando sono lontani che quando sono vicini, di andarli a cercare con l’ansia e la preoccupazione del pastore che cerca la pecora smarrita o con l’angoscia di una donna che ha smarrita la dracma. Nelle parabole che Gesù usa per darci l’idea della sconfinata misericordia di Dio si parla anche di appartenenza: la pecora è del pastore, la dracma della donna e il figlio del padre. Questo ci fa capire perché Dio non voglia castigare il Israele dopo il tradimento o rinnegare il figlio che si è allontanato o ancora rimanere a tavola quando l’altro figlio è fuori e si rifiuta di entrare: non si distrugge ciò che ci appartiene né tantomeno ciò che si genera. E allora non solo la Bibbia, ma la stessa storia dell’uomo è sacra perché permeata dall’amore divino che ne costituisce l’origine e il fine. Un amore che chiede di espandersi nel cuore dei figli perché l’uno senta che l’altro non è un nemico da combattere, ma un fratello da amare. Un amore, quello di Dio, che ha donato il proprio Figlio per recuperare il mondo e dire al mondo che in Lui solo vi è speranza, in Lui solo vi è salvezza (v. II Lett.). Il Vangelo ci parla di un padre che attende il ritorno del figlio, che scruta l’orizzonte quasi ad anticiparne la venuta e che – prima ancora del ritorno – ha già perdonato. Un padre addolorato perché conosce la sofferenza, la fame, la solitudine del figlio e ne desidera la felicità e la vicinanza, un padre desideroso di offrire protezione! La decisione di tornare a “casa” è la così detta “conversione” di cui spesso sentiamo parlare ma che consideriamo come una decisione che riguarda solo gli altri: sono sempre gli altri infatti ad essere peccatori contro Dio e contro di noi ….. Il Vangelo però ci mette in guardia contro un tale atteggiamento, figli che si sono allontanati dal padre non sono solo quelli che dichiaratamente agiscono contro la Legge di Dio ma anche quelli che si reputano “fedeli”, che frequentano le assemblee religiose, che affollano le chiese per pregare e le sagrestie per pettegolare …. “Lontano” non è solo colui che ha messo della distanza fra sé e Dio ma anche colui che non si sente né figlio di Dio né fratello degli uomini. Lontano è colui che non guarda al dolore de Padre, non si accorge della sua attesa dolorosa. Lontano è colui che non sente la mancanza del fratello e non si preoccupa della sua sorte, perché indifferente alla sua presenza è ora indifferente alla sua assenza.
Lontano è colui che non sa gioire della stessa gioia del Padre, perché non ne ha mai condiviso i sentimenti e preferisce parlare con il servo piuttosto che entrare in casa e chiedere cosa accade nella sua famiglia.
La conversione allora è necessaria non solo a chi “torna”, ma anche e soprattutto a chi si crede vicino ed è lontano col cuore, a chi prega per abitudine e nelle formule soffoca il gemito del cuore, a chi ha la mano pronta a tendere una moneta, ma distoglie gli occhi dai veri bisogni dell’altro. La conversione è vivere la propria vita con Dio, guardare a Lui e accorgersi di ciò che si attende da noi, fidarsi di Lui e lasciarsi da Lui guidare.
Conversione è cercare Dio e, trovandolo, sapere con certezza che è Lui il bene di cui abbiamo bisogno perché ai suoi occhi noi siamo preziosi come la moneta che la donna ha perduto, come la pecora che il pastore cerca. Conversione è sapere che Dio ci attende con ansia, con trepidazione, che non si stanca di guardare l’orizzonte in attesa di un ritorno; conversione è accelerare il passo perché l’attesa abbia termine nel suo “abbraccio benedicente”.
La festa che il padre imbandisce è per tutti i suoi figli, anche per noi, una gioia perenne arde nel cuore di Dio e attende per manifestarsi il ritorno dei suoi figli, quando tutti siederanno alla sua mensa e godranno di questo amore che dall’eternità li accompagna, e per l’eternità li attende.
L.R.
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