Rif.: Es 17, 8-13a; Sal 120, 1-8; 2Tm 3, 14-4, 2; Lc 18, 1-8
La lunga catechesi sulla fede approda nel tema della preghiera e le letture ce ne offrono due esempi: quella di Mosè che, senza parole, tende le braccia al cielo e quella assillante e importuna della vedova che chiede giustizia. Cosa accomuna questi due atteggiamenti così distanti tra loro? Quella di Mosè infatti è una preghiera che non ha bisogno di parole: egli sta ritto sulla cima del monte con le braccia alzate in una tensione quasi “fisica” verso il cielo; l’altra, quella della vedova, invece è fatta di parole che continuamente chiedono la stessa cosa: giustizia, giustizia, giustizia, fino a sfinire il giudice che, ormai stanco di quella ostinazione, la accontenta. Entrambe sono accolte, entrambe ottengono il risultato sperato, questo ci dice che non ci sono regole che indichino un modo di pregare più efficace di un’altro se non la perseveranza. Lo afferma infatti la stessa premessa evangelica: “Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Quando Mosè infatti, preso dalla stanchezza, abbassava le braccia Israele perdeva la battaglia e se la vedova si fosse stancata di andare dal giudice ogni giorno egli, che era disonesto, non avrebbe aderito alla sua richiesta. I personaggi, le situazioni e i modi diversi ci dicono innanzitutto che la preghiera è un’espressione del tutto personale che acquista un forma esteriore a secondo del proprio modo di essere. Essa scaturisce dall’intimo bisogno di Dio e diventa il luogo spirituale nel quale Dio ascolta l’uomo e l’uomo parla con Dio presentandogli la propria vita e le proprie necessità. Preghiera è il luogo dove la fede che ci fa rivolgere a Dio si trasforma nella speranza di essere benevolmente accolti, dove scopriamo di avere bisogno dei nostri fratelli così come Mosè, sul colle, ebbe bisogno di essere sostenuto nella sua debolezza. Preghiera è combattimento contro la tentazione di poter fare da soli, è lotta contro la pigrizia e la disperazione, è comunione con i fratelli, è attesa vigile dell’avvento di Dio. La preghiera è efficace quando giorno per giorno si rinnova, acquista vigore se è sostenuta da una fede forte che sa attendere senza lasciarsi vincere dal dubbio, senza cercare altri dei da servire e onorare.
La frase conclusiva di Gesù “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” ci dice però che la preghiera deve essere animata dalla fede. Senza la fede infatti la preghiera diventa una sterile formula pari ad uno scongiuro e la liturgia una drammatica e vuota rappresentazione. Se non c’è la fede non c’è colloquio, non c’è incontro e Colui che attende “alla nostra porta e bussa” rimane un qualunque sconosciuto che ci rifiutiamo di accogliere.
La preghiera “spalanca le porte a Cristo” perché venga ad abitare in noi, in quel luogo sconosciuto e buio che è il nostro cuore e senza la fede che la anima la preghiera diventa il solitario vaniloquio di un insensato.
Signore venuto a cercarmi
fa’ che io mi lasci trovare da Te.
Signore venuto a salvarmi
fa’ che io non opponga resistenza al tuo aiuto.
Signore che dall’alto
scruti le profondità del mio cuore
fa’ che io non mi nasconda
al tuo sguardo.
Signore che sei venuto ad amarmi
fa’ che anch’io ti ami
e amandoti ti attenda,
attendendoti ancor più ti ami.
L.R.
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