Rif.: Is 2, 1-5; Sal 121; Rm 13, 11-14a; Mt 24, 37-44
L’esortazione di Gesù a vegliare, che dà inizio a questo Tempo di Avvento, investe tutta la nostra vita così che avvento e vita si trasformano nell’unica attesa del ritorno di Cristo. Vivere nell’attesa del suo ritorno è infatti non solo il senso e la speranza del breve tempo di avvento, ma di tutta la nostra vita di fede che vede nel Natale di Cristo la promessa, l’impegno, la garanzia del suo ritorno. Quando avverrà, quando tornerà? Domande senza risposta precisa, Dio non fissa un tempo e ogni istante è prezioso, è dono per ravvedersi, ecco perché “uno viene preso ora ed un altro no” …. ma per il Suo arrivo tutto deve esser pronto ….. E allora come attenderlo, come prepararsi? E’ s. Paolo a dirci che è tempo di gettare via le opere delle tenebre e indossare le armi della luce quali i sacramenti la preghiera, la riflessione, l’ascolto della Parola di Dio. Armi sicure contro il male alle quali ricorse lo stesso Gesù per vincere le sue Tentazioni. “Il giorno è vicino” le parole di Paolo fanno seguito al ritornello del Salmo: “andiamo con gioia incontro al Signore”. Oltre la speranza emerge l’altro elemento caratteristico dell’Avvento che è la gioia. Gioia di un incontro atteso, anticipato dalla speranza che avvenga presto …. e che è tanto lontano dalle nostre paure, da quel rifiuto interiore che ci fa pensare alla fine come a qualcosa da temere e che, per fortuna, riguarda gli altri e non noi.
“Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore” il salmista canta la gioia della meta raggiunta, della speranza esaudita, dell’incontro atteso e ormai prossimo, della stanchezza che fugge di fronte alla casa che spalanca le porte per accogliere e confortare. E’ la città santa, la Gerusalemme alla quale l’esule volge la speranza ed il pellegrino i suoi passi. Ma vi è un’altra Gerusalemme che s. Agostino chiama la città di Dio: il regno dei cieli che Cristo è venuto a donarci e che è la nostra unica meta, nella quale Cristo stesso ci introdurrà al suo ritorno.
Il suo ritorno, il suo “prenderci” con sé segnerà il momento definitivo della salvezza, finché siamo in cammino infatti è sempre possibile cadere, fermarsi, allontanarsi dalla giusta via. E’ solo con Lui invece che saremo finalmente al sicuro. Da questo incontro deriva la gioia dell’attesa. Allora ogni avvenimento bello e brutto che sia deve inquadrarsi nell’ottica dell’incontro definitivo con Dio, unico Signore del Tempo e della Storia. Ogni cosa va ridimensionata perché guardata come l’esule che supera difficoltà e stanchezza sperando nel ritorno alla propria terra, alla casa paterna, agli affetti familiari.
Le esortazioni di questa Liturgia avvertono noi, pellegrini sulla terra, che essendo vicina la meta è necessario prepararsi con impegno e serietà. Il ritorno di Cristo è sicuro: non c’è dunque qualcosa da attendere, ma qualcuno da incontrare, ed è questo che è necessario comprendere per vivere con coerenza questo tempo liturgico, troppo spesso inteso solo come preparazione al Natale. Cristo, infatti, è già nato duemila anni fa, come potrebbe rinascere? Ma è da quell’evento e per quell’evento che attendiamo un’altra venuta, diversa da quella che lo vide Bambino indifeso fra le braccia di Maria. Colui che venne, tornerà, ogni giorno che passa ci avvicina a Lui, intanto lo incontriamo vivo e presente nella sua Parola, nei Sacramenti e nel Prossimo.
L’Avvento è il tempo forte che ci ricorda che Dio non è mai lontano e che mentre ci dirigiamo verso di Lui è Dio stesso che ci è venuto incontro. Pellegrini in terra, camminiamo nella speranza della Sua visione eterna, ma certi di essere fin d’ora alla sua Presenza che ci soccorre e ci sostiene.
L.R.
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