Una parte considerevole del Rapporto sull’ex Cardinale Teodor McCarrick è costituita dalla corrispondenza riguardante la sua nomina a Washington, scambiata tra la Nunziatura degli Stati Uniti, il Segretario di Stato e la Congregazione per i Vescovi del Vaticano. E’ stata conservata negli archivi di tale istituzione e grazie a ciò è stato ricostruito il processo della sua designazione a tale importante carica. Due lettere vi hanno avuto un ruolo significativo. Questi documenti indicano anche la dimensione morale delle decisioni prese che non può essere dimenticata, il ruolo della coscienza e della responsabilità dell’uomo per le sue azioni davanti a Dio.
La lettera del Card. O’Connor
Nel luglio del 1999 Giovanni Paolo II, nella conversazione con il Card. John O’Connor, ricordò che stava considerando il trasferimento di McCarrick da Newark ad un altro vescovado. Entravano in gioco New York e Washington che implicava la dignità cardinalizia. O’Connor mantenne la discrezione nei confronti del Papa, ma rivelò al Nunzio di Washington Gabriel Montalvo le sue obiezioni in merito all’intenzione del Pontefice. Il Nunzio chiese che il Cardinale le esprimesse per iscritto precisando che sarebbero state trasmesse al Vaticano. La lettera di O’Connor del 28 ottobre 1999 contava sei pagine e allegati in forma di corrispondenza riguardante la persona di McCarrick. Il Cardinale citò informazioni inquietanti legate a gite al mare della durata di alcuni giorni dell’Arcivescovo, insieme ad un gruppo di seminaristi, che si tennero negli anni ‘80. Le informazioni provenivano da terze persone che non erano testimoni oculari, né avevano partecipato agli eventi. Il Cardinale non era certo dell’autenticità delle informazioni sugli atti immorali e non disponeva di prove a riguardo. Tuttavia, consapevole del pericolo di scandalo, si oppose alla nomina prevista. Pregò che la sua opinione fosse trasmessa alla Santa Sede e presentata al Santo Padre. Indicò i cognomi di tre persone che avrebbero dovuto esprimere il loro parere: un vescovo che collaborava con McCarrick, un avvocato e un psicologo.
La lettera di O’Connor fu trasmessa alla Congregazione per i Vescovi, alla Segreteria di Stato e consegnata al Santo Padre. L’opinione del Cardinale fu sostenuta dal Nunzio Montalvo con una lettera separata nella quale affermava che sarebbe stato prudente non considerare la candidatura di McCarrick. Anche la Congregazione per i Vescovi era del medesimo parere.
Dopo aver ricevuto quelle informazioni Giovanni Paolo II richiese che fosse l’Arcivescovo Agostino Cacciavillan, Nunzio a Washington negli anni 1990-1998, a presentare il suo parere in merito alla questione di McCarrick. Nella sua lettera il diplomatico rispose alle accuse espresse da O’Connor, presentando sotto una luce positiva McCarrick. Sottolineò che non si era fatto avanti alcun testimone né vittima di comportamenti immorali del Vescovo. Consigliò di “non drammatizzare” la questione cercando ostinatamente le prove della colpevolezza. Dopo aver ricevuto il parere di Cacciavillan il Papa richiese al Nunzio Montalvo di verificare i pettegolezzi e le accuse riguardanti McCarrick. Il Nunzio si rivolse a quattro vescovi che potevano sapere qualcosa di sostanziale, chiedendo loro di esprimere il parere in tal merito, domandando concretamente se fossero a conoscenza di qualche “grave debolezza morale” dell’Arcivescovo di Newark. Le loro opinioni non portarono ad un punto di svolta nella questione, anche se confermarono la fondatezza dei timori. A metà del 2000 Montalvo trasmise nuovamente la sua opinione al Vaticano evidenziando di non avere prove oggettive della colpevolezza; non si erano fatti avanti testimoni oculari né vittime di atti immorali, inoltre esisteva una serie di indizi e di tracce che nell’insieme sollevavano “un dubbio ragionevole sulla maturità morale” di McCarrick. Secondo il Nunzio la sua promozione nella gerarchia ecclesiastica sarebbe stata “imprudente”.
Sulla base della documentazione raccolta in Vaticano si formarono due opinioni. La prima dell’Arcivescovo Cacciavillan nel suo significato favorevole a McCarrick e l’altra dell’Arcivescovo Giovanni Re, Sostituto della Segreteria di Stato che sottolineò che malgrado non ci fossero prove della sua colpevolezza, non si sarebbe dovuto nominare McCarrick: “[…] Questa è […] la mia convinzione personale. […] Non si farebbe un buon servizio né a lui, né alla Chiesa” (Rapporto, p. 167, versione italiana). Re trasmise tale opinione per iscritto al Papa l’8 luglio 2000. Giovanni Paolo II sostenne la sua risoluzione, evidenziando la frase che parlava della convinzione personale dell’Arcivescovo in merito alla decisione. Voglio ricordare che il Papa collaborava con Giovanni Re quasi dall’inizio del pontificato e teneva in conto la sua convinzione personale.
Riepilogando questa parte della storia che porta alla nomina di McCarrick è bene prestare attenzione a questo punto al ruolo della coscienza nel prendere una decisione così complicata. La lettera del Cardinale di New York era la voce della “coscienza coraggiosa”, dell’inquietudine interiore, ma anche della responsabilità e della discrezione. La decisione presa in quel momento di non promuovere McCarrick fu possibile grazie alla sua testimonianza. Purtroppo il card. O’Connor morì nel maggio del 2000.
La lettera di McCarrick a Mons. Dziwisz
Prima di passare a parlare della lettera di McCarrick a Mons. Dziwisz ritengo importante ricordare che sia O’Connor, sia Cacciavillan affermarono che McCarrick avrebbe dovuto avere l’opportunità di rispondere alle accuse mosse contro di lui. Se McCarrick avesse mandato la sua lettera datata 6 agosto 2000 seguendo l’iter ufficiale ossia attraverso la Nunziatura, essa sarebbe sicuramente arrivata prima nelle mani del Sostituto della Segreteria di Stato o del Prefetto della Congregazione per i Vescovi. La lettera sarebbe stata giudicata negativamente – penso – perché significava che era stato violato il segreto (sub secreto pontificio) nel processo in corso di nomina del Vescovo di Washington. Per questo McCarrick indirizzò la sua lettera a Mons. Stanisław Dziwisz, anche se il suo contenuto era in effetti destinato – attraverso la persona del destinatario – al Papa. Fu una manipolazione.
Ritengo sia importante sottolineare che più di cinque anni dopo (17 gennaio 2006), nella nota di tre pagine trasmessa da McCarrick al Cardinale Re, egli ammise: “In una lettera scritta a […] Giovanni Paolo II nel 2000, ho affermato che in settant’anni di vita non ho mai avuto rapporti sessuali […]” (Rapporto, p. 237). Riconobbe quindi di aver scritto “a Giovanni Paolo II”.
Chiarisco per inciso che secondo l’Annuario Pontificio don Dziwisz era un impiegato della Segreteria di Stato “delegato” all’aiuto quotidiano del Santo Padre. Dal 1998, ossia dopo la consacrazione episcopale, fu nominato Prefetto aggiunto della Casa Pontificia ossia del gruppo di uffici e persone che rispondono della liturgia, delle udienze e degli incontri con i fedeli come pure dei pellegrinaggi del Santo Padre. Non era solo un “connazionale in Vaticano” ma un dipendente della Santa Sede, soggetto sovrano di diritto internazionale.
Alla luce di tale chiarimento si vede anche che Mons. Dziwisz non aveva formalmente un nesso con il processo di nomina dei vescovi e che la sua funzione accanto al Santo Padre non può essere paragonata al campo di potere e di responsabilità del Segretario di Stato che era il Card. Angelo Sodano, fatto suggerito da alcuni media.
Tornando alla questione della lettera, essa non fu inviata per posta ma recapitata in modo non noto alla residenza estiva di Castel Gandolfo, dove Giovanni Paolo II soggiornava con i suoi collaboratori più stretti, preparandosi sicuramente all’imminente Giornata della Gioventù. In relazione a tale evento McCarrick venne a Roma e sicuramente recapitò la lettera tramite corriere. Sulla busta era stato segnato che la lettera era uno scritto personale per Mons. Dziwisz. All’apertura della busta risultò che non si trattava di una cartolina spedita dalle vacanze, ma di una lettera scritta a mano su carta intestata ufficiale del Vescovado di Newark e che riguardava una questione molto importante.
Dal contenuto della lettera risulta che McCarrick era venuto a sapere della lettera di O’Connor e delle sue accuse. Le respinse argomentandole con l’avversione personale del Cardinale per lui. Confermò che esistevano pettegolezzi su di lui e che erano legati alla mancanza di prudenza – scrive: “Ho commesso errori”. Respinse l’accusa dei rapporti sessuali con altre persone. Oltre a questi due paragrafi, nel contenuto seguente della lettera McCarrick assicurò della sua umile sottomissione alla volontà del Papa, insieme alla rinuncia al Vescovado di Newark qualora il Papa non avesse avuto fiducia in lui.
Cosa fa Mons. Dziwisz con quella lettera? Non relaziona il suo contenuto nella conversazione privata con il Papa, ma prima la mostra all’Arcivescovo Harvey, primo Prefetto della Casa Pontificia che in precedenza aveva ricoperto una carica elevata nella Segreteria di Stato e che, in seguito alla nomina di McCarrick, aveva trasmesso un’opinione positiva su di lui. Gli chiese di trascrivere la lettera per poterla stampare e di preparare la traduzione in lingua italiana. Solitamente tali lavori vengono svolti dal personale ausiliario. Il fatto che Dziwisz si rivolse a Harvey significava che trattava la questione come confidenziale e di importanza rilevante, ma ciò lo rese anche testimone di tale corrispondenza. Trasmise al Santo Padre l’originale della lettera manoscritta unitamente alla sua trascrizione e alla traduzione. La redazione della traduzione scaturiva dalla premura che il Papa potesse “analizzare” approfonditamente il suo contenuto (Rapporto,p. 172). Occorre anche sottolineare che la lettera di McCarrick fu trasmessa alla Nunziatura di Washington e la sua copia fu allegata al fascicolo della Congregazione per i Vescovi riguardante la sua persona. Divenne quindi un documento. Dal Rapporto non risulta alcuna negligenza in tal merito da parte di Mons. Dziwisz.
Giovanni Paolo II credette all’assicurazione mendace di McCarrick della sua innocenza. Colui che ha la coscienza distorta, è capace di mentire al Papa.
Un dettaglio ha attirato la mia attenzione. Quando la lettera fu trasmessa al Nunzio Montalvo, quest’ultimo la mostrò ad un sacerdote, impiegato della Nunziatura, che collaborava con lui nella questione della nomina a Washington. Il Rapporto indica che nel periodo precedente, quando si avanzavano ipotesi su chi potesse diventare il nuovo vescovo della capitale, quel sacerdote aveva ricevuto alla Nunziatura sei telefonate anonime contrarie alla nomina di McCarrick. Nessuno degli interlocutori volle fornire i propri dati o prendere appuntamento per un incontro alla Nunziatura. La paura paralizzava le loro coscienze? Due di loro turbarono particolarmente quel sacerdote ma negarono categoricamente qualsiasi contatto malgrado le sue richieste.
Ritengo che ciò di cui era a conoscenza il sacerdote poteva avere un nesso con la sua reazione alla lettera di McCarrick al Pontefice. Nella conversazione con Montalvo affermò che il modo in cui McCarrick aveva negato i rapporti sessuali gli pareva evasivo e non convincente. [McCarrick] negò di aver mantenuto rapporti sessuali ma non negò che vi fossero state altre attività sessuali. A mio parere era un’osservazione giusta – letta tra le righe – che avrebbe potuto far accendere un lumicino vigile ed influire su un’analisi più critica della lettera. Peccato che quel sacerdote o il Nunzio non scrissero all’Arcivescovo Re delle obiezioni sulla confessione di McCarrick. Secondo me venne a mancare il coraggio che distingueva il Card. O’Connor.
La nomina a Washington
Il Nunzio Montalvo inviò al Vaticano la terna ossia la proposta di tre candidati al Vescovado di Washington, senza includere McCarrick. Si deve sottolineare che proprio in quel periodo l’Arcivescovo Re divenne Prefetto della Congregazione per i Vescovi. E’ importante perché Re conosceva bene il caso di McCarrick.
Agli inizi di settembre del 2000 il Cardinal Sodano trovandosi a New York, si incontrò con McCarrick e gli disse che il Papa aveva letto la lettera di O’Connor e la sua. Nient’altro. Ciò dimostra che “si giocava a carte scoperte”. A metà settembre ossia alcune settimane dopo la consegna della lettera di McCarrick al Papa, il Card. Sodano trasmise al Prefetto della Congregazione per i Vescovi la decisione di Giovanni Paolo II di considerare, oltre ai candidati indicati, anche la candidatura di McCarrick. Vennero chiesti i pareri scritti (votum in conscientia coram Deo) del Card. J. Schotte, del Segretario del Sinodo dei Vescovi e dell’Arcivescovo Cacciavillan.
Vale la pena di ricordare
che McCarrick incontrò personalmente il Santo Padre in Vaticano il 7 ottobre
2000. All’incontro era presente Mons. Dziwisz.
Il Rapporto evidenzia che di tale udienza non fu
trovata alcuna nota scritta. Ho appurato che non c’è traccia di tale udienza
privata sul giornale L’Osservatore Romano, fatto
che veniva e viene annotato regolarmente. Nei giorni 6-8 ottobre 2000 a Roma si
teneva il Giubileo dei Vescovi. Vi vennero all’epoca più di 1500 vescovi.
Probabilmente ci fu un breve incontro nell’Aula Paolo VI. La decisione della
nomina a Washington non era ancora stata presa quindi non se ne poteva parlare.
Sono sicuro che nel fascicolo di McCarrick di cui disponeva la Congregazione per i Vescovi c’era non solo la corrispondenza menzionata riguardante i dubbi causati da pettegolezzi e accuse non confermate, ma gran parte dello stesso comprendeva i suoi successi pastorali e quelli conseguiti in molti altri campi della vita ecclesiastica e sociale. Il Rapporto cita i pareri positivi dei Vescovi americani: Fiorenza, Maida, Harvey e Murry, ai quali erano stati chiesti.
L’incontro della Congregazione per i Vescovi per la nomina ebbe luogo l’11 ottobre. Nel suo corso l’Arcivescovo Cacciavillan discusse i “pro e contro” della nomina di McCarrick. Schotte e Cacciavillan si espressero in favore della candidatura di McCarrick, portandola in testa ai quattro vescovi proposti. L’arcivescovo Re continuava ad avere dubbi di coscienza in merito a tale decisione. Tuttavia affermò che avrebbe appoggiato quella candidatura, “se il Santo Padre ritenesse opportuno di nominare […] a Washington McCarrick, […]” (Rapporto, p. 182). L’Arcivescovo Re incontrò il Papa per tale questione il 14 ottobre. Giovanni Paolo II approvò la candidatura di McCarrick che gli fu presentata, conformemente al verdetto del collegio, come migliore candidatura tra quelle proposte.
Ne risulta che il Prefetto della Congregazione si basò sull’opinione del Papa il quale credette alle assicurazioni mendaci di McCarrick e ai pareri dei gerarchi a lui favorevoli. Se il Prefetto avesse mantenuto la sua decisione precedente…, se avesse detto di non avere la certezza di prendere una decisione con la coscienza tranquilla…, forse il Papa avrebbe agito diversamente in merito alla nomina… Invece non andò così.
Davanti a Dio e alla coscienza
Nell’enciclica Veritatis splendor Giovanni Paolo II ricordò la dottrina cattolica sulla coscienza. Fece notare tra l’altro che “nei giudizi della nostra coscienza si annida sempre la possibilità dell’errore. Essa non è un giudice infallibile: può errare. Nondimeno l’errore della coscienza può essere il frutto di una ignoranza invincibile, cioè di un’ignoranza di cui il soggetto non è consapevole e da cui non può uscire da solo” (n. 62).
Il Santo Padre ed i suoi consiglieri cruciali per la nomina a Washington, Cacciavillan e Re, in quel momento si sbagliarono sul giudizio e sulla scelta intrapresa. Ma noi lo sappiamo dalla prospettiva della conoscenza attualmente disponibile di cui all’epoca loro non disponevano.
Le procedure intraprese dalla Santa Sede e i documenti citati dal Rapporto dimostrano tuttavia che la verità era stata cercata sinceramente.
La coscienza deve sempre cercare la verità, deve sempre mirare a che il suo giudizio rispecchi la morale oggettiva e la forma oggettiva della verità e del bene. Talvolta si trova nella situazione di “ignoranza invincibile”. Non è colpevole. Non si può attribuire la responsabilità morale ad una persona che ha preso una decisione errata dopo esser stata ingannata.
Nel Rapporto è stata citata l’opinione di Papa Francesco secondo cui “Giovanni Paolo II era un uomo così rigoroso moralmente, di tale rettitudine morale, che non avrebbe mai permesso a una candidatura corrotta di andare avanti” (Rapporto, p. 400). Occorre considerare la decisione di Giovanni Paolo II, complicata e sbagliata per i suoi effetti, nel contesto morale indicato come pure alla luce della coerenza che distingueva la persona, la vita e l’insegnamento morale del Pontefice polacco.
Indubbiamente questa visione complessiva del problema è difficile nel mondo attuale in cui le calunnie ed i giudizi emotivi prendono il sopravvento sulla ricerca sincera ed approfondita della verità. “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32).
Il Concistoro dei Cardinali
Torniamo ancora alla nostra storia per riflettere sul suo epilogo. La nomina di McCarrick fu annunciata il 21 novembre. Poco dopo aver preso possesso dell’Arcidiocesi di Washington, venne elevato alla dignità cardinalizia. Giovanni Paolo II riconosceva la consuetudine delle capitali cardinalizie in determinati paesi. Il Concistoro si tenne il 21 febbraio 2001. Ricordo che tra i quarantaquattro Cardinali nuovi c’erano due Polacchi: Jaworski e Grocholewski che sono morti quest’anno. Durante quel Concistoro Giovanni Paolo II ammise anche Jorge Bergoglio di Buenos Aires alla cerchia dei porporati. Passarono gli anni…
Papa Francesco tolse a McCarrick la dignità cardinalizia (2018) e sulla base del processo canonico che lo dichiarò colpevole di gravi abusi sessuali, lo dimise dallo stato clericale (2019). Il processo è stato possibile in seguito alle rivelazioni delle vittime di abusi e di molestie sessuali, che vennero alla luce a partire dal 2017. Il Signore Dio ha i suoi modi per risolvere le questioni difficili…
Vorrei ricordare che durante il medesimo Concistoro del febbraio 2001 divenne Cardinale il vietnamita F. X. Nguyen Van Thuan, che era stato prigioniero del regime comunista per tredici anni. Era stato tenuto per nove anni in rigoroso isolamento. Rimase fedele a Dio e mantenne una coscienza pura e retta. Liberato dalla prigione, fu espulso dal paese natale. Tenne gli esercizi spirituali quaresimali in Vaticano nell’Anno del Grande Giubileo. Ringraziandolo Giovanni Paolo II disse: “Testimone egli stesso della Croce nei lunghi anni di carcerazione in Vietnam, [il predicatore] ci ha raccontato frequentemente fatti ed episodi della sua sofferta prigionia, rafforzandoci così nella consolante certezza che quando tutto crolla attorno a noi e forse anche dentro di noi, Cristo resta l’indefettibile nostro sostegno” (18 marzo 2000). Malgrado la sofferenza Van Thuan mantenne nella vita la pace della coscienza retta. Scrisse nel suo testamento: “Lascio questo mondo sereno e non nutro odio per nessuno”. Morì il 20 settembre 2002.
Grazie a persone come lui, laiche ed ecclesiastiche, che vivono davanti a Dio nella verità della coscienza, la Chiesa va avanti perché la testimonianza autentica della fede e dell’umanità è la forza che attira gli altri a Cristo e alla comunità.
Dio ha le sue strade per ricordarci le cose importanti e scontate di cui ci dimentichiamo spesso. Il caso di McCarrick è un’umiliazione per la Chiesa ma anche una lezione dalla quale occorre trarre conclusioni. Certo, sono necessari un’azione trasparente e decisa, il rispetto delle procedure e delle norme giuridiche per proteggere bambini e giovani dagli abusi nella Chiesa ed in qualunque altra situazione.
Tuttavia nessun sistema di protezione può sostituire la coscienza retta nei cui precetti dobbiamo riconoscere la voce di Dio stesso, e nulla sostituisce la consapevolezza di credere che davanti a Dio ciascuno risponderà delle proprie azioni. Nonostante la vergogna e le manifestazioni di contestazione della dottrina cattolica, la Chiesa, vale a dire noi, ecclesiastici e laici, dobbiamo mostrare con il nostro esempio e con parole sagge l’importanza della coscienza retta; occorre ricordarsene ed ascoltarne la voce, perché – come insegnava il Concilio Vaticano II – “quanto più […] prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità (Gaudium et spes, n. 16).
Don Andrzej Dobrzyński
Fot. G. Gałązka