Nel Vangelo di oggi, ascoltiamo una testimonianza di un lebbroso, che era guarita da Gesù. Come tutte le genti quando aveva la mancanza, sempre gridano oppure supplicano, questo lebbroso pure, quando vede Gesù passa, egli supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Poi, secondo Marco, Gesù ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». Ecco il bello miracolo: e subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. Una preghiera del lebbroso era esaudita, perché? Perché Lui incontrava Gesù, perché lui supplicava il suo sogno/bisogno. Non sappiamo da quando tempo lui aveva soffritto per questa malattia e disprezzato dagli altri; non sappiamo quanto forte desiderio della guarigione dentro suo cuore. Tuttavia, si vede lui era un uomo di fede anche coraggioso. Niente di dubbio, e crede davvero profondamente che se Gesù vuole, sarebbe un giorno della guarigione.
Lo stesso tempo, il suo credo anche risponde con la compassione di Gesù. Perché l’uomo lebbroso aveva un’immagine di Gesù che prende cura di uomo e non lascia mai. Forse da piccolo, quel lebbroso già imparava dai genitori oppure dai rabbini: «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Sal 8: 5). La fiducia della misericordia di Gesù arriva una risposta così forte: Gesù arrivava anche veramente gli curava.
La sincerità sempre attiva la compassione dell’interlocutore. La compassione ha un grande forza. Nel libro di Giobbe, si vede l’evidente comparazione tra Giobbe e gli suoi amici. Gli amici di Giobbe crede un Dio con una faccia duro, Giobbe soffre solo perché lui aveva peccato, perciò la sofferenza era una ricompensa. Però, l’uomo povero come Giobbe d’inizio alla fine insiste il suo Dio era misericordioso anche nel momento di silenzio. Dunque, anche se passava una prova così forte, sembra anche meglio di morire che vivere, lui mai mollava di supplicare il suo Dio. Giorno dopo giorno, notte dopo notte. Lui credeva che arriva questo momento dell’intervento di Dio per rompere questo silenzio insopportabile. Ecco come questo l’uomo lebbroso. Se crede c’è questo momento della salvezza, questo momento prima o poi arriverà. Perché Gesù ricordi ogni supplica sia forte sia debole se veramente fiduciosa! Invece, gli amici di Giobbe quando credevano Dio era duro, alla fine Dio era veramente duro per loro, «dopo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz di Teman: “la mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe…il mio servo Giobbe pregherà per voi e io, per riguardo a lui, non punirò la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe” (Gb 42:7). Il grande problema degli amici di Giobbe era la mancanza della compassione, infatti, che è molto diffuso nel tempo moderno. La sofferenza degli altri è difficile di attirarci la nostra compassione, invece, renderci di giudicare come un giusto giudizio. Guarda, quante volte, abbiamo abitudine di giudicare gli altri, soprattutto quando altri sta passando una prova. La mancanza della compassione solo fargli più soffrire, come Giobbe, alla fine, lui non vuole più parlare con gli amici, solo aspettava la voce di Dio.
Carissimi lettori, la compassione è un dono possiamo chiedere al Signore come Salomone chiede la sapienza. Sia la malattia sia il problema degli altri non si può solo pensare che loro hanno peccato, oppure è giusto che loro stanno soffrendo. Guarda il risultato degli amici di Giobbe. Dio non piace questi pensieri davvero. Invece, guarda Gesù, Gesù è un uomo della compassione. Anche davanti la donna in adulterio, Gesù aveva compassione e disse: «neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8:11).
Com-passione è una scelta di convivere la passione, come la congregazione di Passionisti. Gesù era attraverso la passione per salvarci, la passione viene da com-passione infatti. Perché la forza della compassione spinge la passione. Come ora, anche se Gesù aveva un rischio di non potere di rientrare pubblicamente in una città, però Lui aveva scelta di dare la sua compassione, condividere la malattia con quel lebbroso e lui era guarita.
San Giovanni Paolo II criticava fortemente la struttura di peccato nel mondo moderno, che è proprio una struttura della mancanza della compassione. Perché nessuno vuole condividere la passione se non è una persona dentro il suo cuore di sentimenti. Forse è facile di credere la malattia viene da peccato che credere la malattia anche una testimonianza della Compassione di Gesù e la misericordia ed onnipotente di Dio. Edith Stein anche concentrava la compassione di fare il suo tesi di dottorando Zum Problem der Einfühlung (sul problema della Empatia).
Vorrei concludere con la conclusione di Giobbe, perché si vede la forza della compassione molto chiaro come la testimonianza del lebbroso di oggi.
«Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe, dopo che egli ebbe pregato per i suoi amici. Infatti il Signore raddoppiò quanto Giobbe aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo…» (Gb 42: 10-11).
Sophia Lilin Wu – membro di Laycentre comunità, studentessa di Università Pontificia Gregoriana
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