Questa domenica ascoltiamo l’evangelo di Giovanni che racconta l’episodio del discorso tra Gesù e Nicodèmo. Come tutti sappiamo che Nicodèmo cercava Gesù nella notte per domandare come poter avere la vita eterna. Gesù rispondeva che ci serve una rinascita. Tanto confuso come Nicodèmo, perché la rinascita ci serve di rigenerare da madre. Tuttavia, Gesù indicava una rinascita spirituale, un metanoia, una trasformazione propria che porta una vita nuova, una vita eterna.
La vita eterna è un dono da Dio, per questo Dio ha donato il suo figlio unigenito per indicare una via. Questa via non è facile da credere perché le tenebre ormai diventano una realtà per gli uomini di questo mondo. Infatti, qui possiamo anche riflettere che cose è l’uomo? Se la nostra vita solo dipende a questo mondo, se la morte è l’ultima parola, come possiamo credere una vita eterna? Perciò, l’uomo non è solo un corpo, ma anche uno spirito. Questo spirito così forte anche ha una forza di generare una vita totalmente nuova. Ecco la bella speranza! Nonostante la vita per ora è soddisfatta o no, la vita nuova è sempre aggiungibile. Per esempio, ci sono sempre la possibilità per un uomo sofferto diventa un uomo benedetto, un povero diventa un ricco, un uomo triste diventa un uomo felice, etc. Però, tutto quello non è fatto con la forza umana, ma sono frutti della grazia dello spirito che è collegato naturalmente con Dio. Una grida dallo spirito è una prima tappa per questo cambiamento. Tutti i nostri bisogni sono ricordati da Dio e Dio è unico CEO per organizzare e realizzare i nostri sogni.
Allora, ritorniamo la nostra domanda «che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Sal 8, 5). Ecco la risposta da Gesù, «come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 14-17). L’amore incondizionato è la summa motivazione da parte di Dio, anche se ogni tanto il gesto così caro non è accettato da tutti. Forse siamo abituati di credere che non ci sono le cose così buone che possono veramente accadere a noi. Infatti, questa mancanza della fede è l’unico ostacolo per spingere un regato da Dio fuori della porta. «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce» (Gv 3, 19), come l’episodio del Mito della caverna di Platone. Dunque, pazienza. Se ci serve almeno 21 giorni per formare una nuova abitudine, per accettare la vera luce anche ci serve un periodo. Perciò, la grazia è anche una abitudine come diceva S. Tommaso Aquino, la fede si fortifica con un processo della crescita.
Quindi, il messaggio di Nicodemò si fa riferimento anche a Thomas Merton, colui scriveva che «un piccolo passo uscito dai limiti umani è più grato al Signore che per sicuranza rimangono una vita vecchia». Di sicuro, dopo questa notte indimenticabile con Gesù, la mattina, il nostro Nicodemò allegrerà come Giuseppe Ungaretti, e canterà: «M’illumino d’immenso»!
Sophia Lilin Wu – membro di Laycentre comunità, studentessa del Pontificia Università Gregoriana.