Nel testo di “Cantiamo insieme” – una canzone per bambini degli anni 80-90 – si legge: «Tu lo sai già che un po’ più in là, qualcuno c’è smarrito come te. In compagnia si ritrova la via, cantare insieme mette sempre tanta allegria». Quando ci si smarrisce, infatti, serve assolutamente una guida, un pastore che indichi la strada giusta o raddrizzi il cammino. E la figura del buon Pastore emerge dalle parole del Vangelo: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore». Un Pastore che veglia sulle pecore con amore e quando parliamo d’amore parliamo sempre di Gesù, l’unico che ama con un amore totale, amore che dona la vita per l’amato. L’amore vero infatti non abbandona mai gli amati e continua ad amare senza condizioni.
Quante persone, che pur dicono di amare, alla prima crisi fuggono come il mercenario al sopraggiungere del lupo, lasciando le pecore da sole. In questo caso forse l’abbandono è causato dalla paura più che dalla cattiveria, ma il Buon Pastore non fugge, saldo, rimane a combattere con e per le sue pecore. Forse anche il pastore avrà paura del lupo, ma il suo amore è più grande della paura e lo rende coraggioso e forte. L’amore non abbandona gli amati, mai!
Molti sono i santi che sull’esempio di Gesù non hanno abbandonato i fratelli e le sorelle in difficoltà. S. Gabriele dell’Addolorata che, durante la guerra, girava a visitare, consolare, abbracciare la gente della zona. S. Giovanni Paolo II che da piccolo si è preso cura di suo padre e di suo fratello e ha mantenuto questo suo atteggiamento di preoccupazione e di cura per gli altri anche quando, ormai grande, divenuto professore a Lublino, si prendeva cura dei suoi studenti. Del resto, l’amore per il prossimo caratterizzò tutta la sua vita. Ordinato Vescovo, fu attento pastore del suo gregge, così come quando, eletto al Pontificato, girava per il mondo per essere vicino alle sue pecore, il popolo che Dio gli aveva affidato. Egli viveva con amore e predicava l’amore rendendo visibile l’assioma: l’amore è un miracolo che fa miracoli.
Quando Lazzaro morì, Gesù si recò da lui, lo riportò alla vita e rimase due giorni con lui e la sua famiglia. Questa permanenza dimostra che Gesù amava realmente, di un amore profondo, Lazzaro e la sua famiglia, un amore che non solo supera i confini della morte, ma trova il tempo per sostare con l’amato. Quanto l’amore sia potente e capace di superare ogni limite umano ci viene da quella mamma che, visto il suo bambino sotto un camion, ebbe la forza di sollevare il camion con le sue braccia pur di salvare suo figlio.
Tutta la nostra vita si può considerare generata dall’amore di Dio, governata e guidata dall’amore di Cristo, preparata ad incontrare l’amore sotto l’azione dello Spirito Santo. Perché solo amore ci rende felice, solo l’amore rende piena la vita, solo amore dà valore al tempo quotidiano:
«Chi è amato non conosce morte,
perché l’amore è immortalità,
o meglio, è sostanza divina.
Chi ama non conosce morte,
perché l’amore fa rinascere la vita
nella divinità»
Emily Dickinson
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, membro di Laycentre Comunità