La gioia di Pasqua non è racchiusa nell’arco temporale di un giorno, una settimana, un mese, ma dura per sempre accompagnando la vita di ogni credente poiché Cristo, dopo aver compiuto la sua missione terrena, non ci lascia soli, ma rimane con noi. Il vero amore infatti non è attaccamento, ma insegnamento, consiglio, indicazione per aiutare ciascuno a realizzare in pienezza la propria vocazione, il proprio sogno o la propria missione. Ecco dunque il mistero dell’Ascensione: assenza e presenza reale di Cristo fra noi!!!
Gesù è la via, il modello dell’uomo perfetto che illumina la nostra esistenza e rivela che la nostra vita non include solo nascita e morte, ma anche risurrezione e assunzione, poiché questo vuole l’amore del Padre Celeste per noi.
Ed ecco allora che la gioia pasquale della Resurrezione sfocia nell’Ascensione. Il Padre non ci dà solo la vita dopo la morte, ma ci attira accanto sé, in cielo, per condividere con noi la Sua gioia. Questa la vera buona notizia. Quindi meglio guardare al Cielo e non fissare troppo le cose di quaggiù. E Gesù vuole che la Buona notizia della sua e della nostra Resurrezione ed Ascensione sia dono per tutti ed ecco l’invito agli Apostoli: «andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».
Non basta però ascoltare il Vangelo, la sua parola va praticata e vissuta, noi siamo stati Redenti, Dio ora abita in noi, non siamo più vittime, ma la stessa regalità di Cristo ci riveste. I suoi sentimenti devono diventare i nostri stessi sentimenti. C’è una antica giaculatoria: “Gesù, mite ed umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo!” che ci illumina sul nostro impegno cristiano: allontanarsi dalle antiche abitudini cui siamo soggetti e acquisire quelle nuove che Gesù ci chiede.
Ad esempio quando una persona parla male di noi, siamo abituati a reagire con rabbia o tristezza. Alcuni si lamentano di questa persona, altri si interrogano su se stessi. Ma la nostra identità di figli di Dio, di Re, la cittadinanza celeste che ci attende ci impone un atteggiamento diverso, simile a quello di Cristo: ignorare la cattiveria degli altri, le umiliazioni, le sofferenze. Non possiamo permettere che un’energia negativa entri a far parte della nostra vita. Cristo non si è né lamentato, né ha criticato, Egli ha giustificato e perdonato.
Seguirlo vuol dire assumersi la propria responsabilità di cancellare quanto successo, non solo dalla nostra vita, ma anche dalla nostra memoria perché il perdono sia totale ed incondizionato, uguale a quello che Dio dona a noi.
Forse potrebbe aiutarci la tecnica de l’ho’oponopono che suggerisce di ripetere come un mantra: Ti Amo, Mi Dispiace, Perdonami, Grazie. Oppure, di chiamare Adonai tre volte per modificare l’energia negativa in positiva. M. Teresa di Calcutta una volta disse “Non parteciperò mai a manifestazioni contro la guerra. Chiamatemi quando organizzerete una manifestazione per la Pace!”
Tutti siamo portatori del vangelo, ma forse la prima persona alla quale predicare è proprio a se stessi. In un certo senso dobbiamo fare come quei ragazzi che, salvatisi dal terremoto di Wenchuan in Cina, sono ora diventati salvatori di altri. E così per ricordare meglio i soldati che 13 anni fa li salvarono rovistando tra le macerie, si sono in questa ricorrenza vestiti da soldati. Così anche una ragazza, salvata dalla sua professoressa durante la caduta della scuola, è ora diventata anche lei insegnante per continuare la missione di educare e donare nuova vita agli altri. Come Moltmann diceva: “Il futuro non è solo l’estensione del passato, ma è una nuova creazione!”[1] La vita vince il morte, la gioia sostituisce la tristezza. Questi ragazzi non solo sono risorti, ma ora vivono la loro vita con maggiore consapevolezza e la rendono più bella donando a loro volta felicità. Le loro preziose testimonianze rendono felici anche noi e ci danno grande motivo di speranza.
Così come è motivo di speranza Marco che conclude il suo Vangelo scrivendo: «questi i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporrano le mani ai malati e questi guariranno».
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, membro di Laycentre Comunità
Fot. Sculpture_1920
[1] J. Moltmann, The Coming of God, London 1996, 22-29.