La scrittrice statunitense Ester Hicks – che si ritiene tramite degli insegnamenti di alcune “entità” chiamate collettivamente “Abraham” – dopo la morte del marito Jerry attraversò un periodo di buio. La gioia, che aveva trasmesso a tante persone con la sua “legge di attrazione”, pareva scomparsa dal suo animo. Ma un giorno le “Abraham” dissero ad Ester di lasciarsi andare ed essere rilassata, fu così che ella ritrovò la gioia e le parve di sentire di nuovo Jerry accanto a lei. Una cosa simile è narrata anche in nota serie televisiva, quando, morendo, la mamma della protagonista dice alla figlia “chiudi gli occhi”. Gli esempi citati servono a farci comprendere meglio che a volte lo sguardo interiore, il nostro occhio spirituale, ha una visione più chiara e completa dell’occhio fisico. “Chiudere gli occhi” vuol dire in effetti raccogliersi in se stessi, isolarsi dal mondo e lasciarsi illuminare da quella voce profonda che anima il nostro io interiore, vuol dire lasciare spazio alla voce di Dio, vuol dire ancora far emergere tutto ciò che Gesù ha detto ed insegnato e che lo Spirito Santo ci fa ricordare, illumina e spiega. E’ lo stesso Gesù a dire: «quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future».
Lo Spirito ci accompagna e ci insegna Egli è l’infinito dono d’Amore di Dio, è la Presenza di Dio in noi, così, benché Gesù sia asceso al cielo, continua ad essere presente per l’azione continua dello Spirito Santo. E’ sempre lo Spirito a guidarci a tutta la verità in una continua rivelazione del Padre e del Figlio e del loro legame di Amore. In ogni momento della nostra vita noi possiamo sentirci uniti a Dio attraverso lo Spirito. Egli è la voce di Dio che dice a ciascuno: “Non temere, qualsiasi cosa succeda, io ci sono”. E’ ancora lo Spirito a dire che in Lui è tutta la Trinità ad amarci.
I greco c’è un vocabolo «mysterium» – che significa chiudere gli occhi, le orecchie, la bocca – e che ben esprime l’attuale significato di qualcosa che non si può vedere, toccare o comprendere. Ecco che allora per immergersi nel mistero di Dio, bisogna isolarsi da tutto ciò che è tangibile, visibile, bisogna “chiudere gli occhi” e mettersi silenziosamente alla sua presenza. Solo allora lo Spirito si renderà presente e sarà Lui a parlare, insegnare, guidare, sarà Lui a far emergere la verità in noi.
Secondo Thomas Merton, l’uomo è fatto per contemplare Dio. Cioè, la vita umana è creata per la contemplazione e per comunicare con il Signore. Sarebbe bene, perciò, lasciare durante la giornata un momento di silenzio per chiudere gli occhi alla ricerca di noi stessi e di Dio. Un momento di incontro, sacro come sacra è la Liturgia e in quel momento ascoltare solo la voce dello Spirito. Egli è la Sacra Sapienza che risponderà ad ogni nostra domanda, risolverà ogni nostro problema, darà consolazione ad ogni nostra angoscia.
La festa di Pentecoste è il punto più alto della Pasqua, ne è l’impensabile compimento. Se Cristo venne fra noi con la sua realtà fisica, ora è lo Spirito a venire in noi per innestarci in Cristo, per farci aderire al Padre in maniera indissolubile, per fare di noi il Corpo santo, vivo, spirituale e reale di Cristo, per farci vivere della stessa vita che anima la Trinità.
La festa di Pentecoste deve permeare tutta la nostra vita, trasformarla, renderci uomini e donne nuovi poiché essa segna la nostra unione con la vita di Dio e merita anche solo un minuto di raccoglimento ogni giorno.
Sophia Lilin Wu – studentessa del Pontificia Università Gregoriana, membro di Laycentre Comunità
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