La parola di Gesù crea sempre delle divisioni: per coloro che lo ascoltano per la prima volta esse sono straordinarie, mentre per gli altri, ad esempio i Giudei che lo hanno visto crescere fra di loro, quelle parole lo rendono insopportabile.
Essi si chiedono infatti come il figlio di Giuseppe, un semplice ed illetterato falegname, possa dire: «io sono il pane disceso dal cielo»? Non c’è risposta. Come giustamente scriveva san Ireneo di Lione nel 2° libro di Adversus Haereses il Signore ci manifesta solo alcune cose ed altre le riserva per sé.
Forse anche noi, nonostante la rivelazione, non riusciamo a comprendere pienamente il senso di quelle parole, per la nostra dimensione umana è difficile penetrare a fondo la loro verità e in fondo siamo un po’ scettici come quei Giudei. Potremmo però aver fede e ringraziare per la grazia che riceviamo.
Spesso però il benessere e l’abitudine rendono il nostro cuore impassibile. Davanti al cibo, ci dimentichiamo di ringraziare il Signore con tutto il cuore, i contadini non ringraziano per la terra e le stagioni, per la semente e i frutti, ecc. Spesso invece ci lamentiamo per il gusto dei cibi, per una pioggia abbondante, e per altre mille cose. Paradossalmente ci riesce difficile essere felici anche quando siamo nel benessere.
Il nostro scontento ha un solo nome: indifferenza. Albert Einstein disse, «chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere». Leo Buscaglia scrive, «il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’apatia. Posso affrontare l’odio, posso affrontare la collera, posso affrontare la disperazione, posso affrontare chiunque senta qualcosa, ma non posso affrontare il niente». Lao zi disse che «la tristezza più grande è l’apatia» (哀莫大于心死).
Lo abbiamo visto anche in questo tremendo periodo della pandemia, molti ricevono il vaccino, ma solo pochi lo ricevono con gratitudine, per la ricerca avanzata, per il lavoro del personale medico che spesso sacrifica tempo e vacanze, per questa opportunità gratuita che viene data a tutti, ecc.
La nostra attenzione più che essere rivolta a quello che ci circonda sembra assorbita solamente dallo schermo di un cellulare o di un tablet. Forse se Gesù tornasse fra noi e ridicesse quelle sua parole: «io sono il pane disceso dal cielo», non ci prenderemmo nemmeno la briga di ascoltarlo o rispondere come fecero i Giudei. L’indifferenza è un atteggiamento molto pericoloso perché Gesù non ha nessuno spazio per entrare nel nostro cuore, con l’indifferenza, infatti, gli neghiamo anche la possibilità di discutere con Lui o di insegnarci qualcosa.
Tutti vogliamo il pane disceso dal cielo e la vita eterna, però l’apatia rende debole la nostra volontà. La pandemia ha risvegliato in tante persone sentimenti quali: la solidarietà, la preziosità della vita, il sacrificio, la diligenza, l’amicizia, la vicinanza, la preghiera, la famiglia, ecc. Nonostante tutto però, dopo un po’, ci siamo stancati e tutto sembra tornato alla comodità e all’impassibilità.
Per una persona che sente avvicinarsi la morte è bello sentire le parole di Gesù: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti, questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia». Però, quando tutto va bene, questa frase è solo come un vento che passa senza lasciare traccia.
Vorrei dare Gesù a tutti quelli che stanno combattendo con la morte, perché Gesù è la vita. In Gesù, non c’è morte. Gesù è la buona notizia è la speranza eterna: amico di poveri, medico di malati, guida degli smarriti. Gesù è la luce eterna nelle tenebre, la via sicura della salvezza, il sostengo stabile in ogni nostro bisogno.
Il principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio. (Gv. 1,1)
Sophia Lilin Wu
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