In questi giorni ho discusso con uno dei miei studenti a Pechino su cosa sia più giusto: “vivere per morire” o “vivere per vivere”? Secondo lui, e secondo tanti come lui, come cristiani, dobbiamo “vivere per morire”, perché dobbiamo vivere come Cristo pronti a morire per altri. L’evangelo di oggi sembra avere lo stesso significato: «il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere». Ed ancora «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Ma davvero Gesù vuole la nostra morte invece che la nostra vita? La nostra sofferenza invece della nostra felicità?
Dieci anni fa, in una chiesa protestane di Pechino, una mamma diceva di aver paura di lasciare che sua figlia diventasse cristiana, perché come cristiana doveva prendere la croce e soffrire. Molti cristiani infatti fanno della sofferenza la loro bandiera e pensano che se non soffrono e non sono tristi, non sono degni di essere cristiani. Essi giudicano gli altri con un sorriso di commiserazione convinti fortemente che la fede deve portare sofferenza e tristezza, invece del sorriso e della felicità.
Tuttavia, se a Gesù piacesse la morte invece della vita, come mai ogni giorno durante la Messa, preghiamo per la guarigione, per la fine della pandemia, per la fecondità della famiglia, per il superamento degli esami, ecc. perché nessuna prega per la sofferenza degli altri o per la morte? Tuttavia, se la morte e la sofferenza non sono lo scopo di Dio, perché Gesù parlava di prendere la sua croce?
Dr. David R. Hawkins nel suo libro Letting Go: The Pathway of Surrender scrive che la somma sapienza della vita è surrender (lasciarsi andare, arrendersi, affidarsi), quando una persona si affida infatti, tutto diventa liscio e facile. Quando Gesù parlava di prendere la croce non ha fatto altro che insegnarci a “lasciarci andare” ad affidarci totalmente alla volontà di Dio. La nostra terra è una terra di paradiso, però a volte pensiamo che sia un luogo infernale. Perciò, ogni giorno, con grande paura e preoccupazione, si lavora e si studia per non perdere la vita. In genere si pensa che se non ci diamo da fare con le nostre forze, non possiamo salvarci. In effetti chi si comporta così rifiuta la croce per avere una vita più comoda e facile. Succede però che, chi più oppone resistenza, più soffre. La sofferenza infatti non viene dal di fuori, ma viene dalla nostra resistenza interiore. Gesù è per noi il modello della non-resistenza, cioè un uomo surrender, che si arrende, si lascia andare e in tal modo può trasformare la passione in risurrezione. Gesù guarda alla vita eterna ed in tal modo attira la vita anche nella croce. Pietro invece che rimprovera Gesù quando parla della sua passione, mostra di resistere alla volontà di Dio e non vuole neanche ascoltarlo. L’arte del Letting go è l’arte di vivere alla presenza di Dio, agendo sempre in modo che il nostro daffare sia sempre come un vento leggero che non può influenzare la serenità e la pace interiore. In tal modo la vita diventa più facile, più leggera, più felice!
Quando diciamo: «Gesù è Cristo» vogliamo dire che Gesù è l’Unto, cioè interamente consacrato a Dio e alla sua volontà solo così Egli può, senza intralci, obbedire e glorificare il Padre celeste. Gesù, infatti, sa che tutto ciò che succede nella sua vita è per un sommo bene. Il ben-essere è sempre ciò che Dio vuole per noi. Louis Hay, un grande guida spirituale di self-help in U.S. insegnava che dobbiamo imparare una cosa: davanti a qualsiasi cosa dobbiamo imparare a dire a noi stessi “questa è una benedizione per me”. La volontà di Dio è sempre il nostro ben-essere, questo dobbiamo credere fermamente. Dio ci vuole bene, senza alcun dubbio. Tutto è sicuramente una benedizione.
Ecco allora che la mia risposta a quello studente è: meglio «vivere per vivere» che «vivere per morire». Se vogliamo veramente “compassionare” gli altri, dobbiamo prima vivere serenamente, poi possiamo donare la nostra vita e il nostro bene agli altri. Solo un uomo vivo può salvare altro uomo, un cieco non può guidare altro cieco. I santi possono dare tante benedizioni e grazia agli altri, perché essi stessi per primi saggiano la dolcezza dell’unione con Dio, la somma grazia, e la contemplazione. Una persona triste non può dare luce e gioia ad un’altra persona. Una persona che pensa sempre alla morte, non può donare e condividere la vita, e così via. Dio è il Dio che ci dà vita e grazia. La grazia può trasformare la nostra vita qui e ora nella vita celeste. Il paradiso è hic et nunc.
Dio desidera che tu sia felice, non solo nella vita dell’al di là, ma anche su questa terra! «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» vuol dire che seguire Gesù è rinnegare i propri pensieri negativi, lasciare la vita andare avanti e sempre surrender, lasciarsi andare. La vita è fonte di grazia, non abbiate paura!
Sophia Lilin Wu
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