La beatificazione di Madre Elżbieta Róża Czacka e del Cardinale Stefan Wyszyński ci fa ringraziare Dio per tutte quelle persone che con la loro vita esemplare ci conducono a Lui. Ringraziamo Dio anche per tutti coloro che hanno contribuito alla nostra fede mostrandoci che essa è per noi un tesoro spirituale, una forza di vita e una luce sulle strade di questo mondo.
Wyszyński, chiamato il Primate del Millennio, ha coraggiosamente professato la sua fede. Non si è sottratto alla prigione e non ha mai smesso di proclamare la verità evangelica nonostante la campagna di calunnie organizzata contro di lui. Egli, come il profeta Isaia, è stato un coraggioso testimone della fede: “Non ho nascosto la mia faccia dagli insulti e dagli sputi… Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come una pietra, sapendo di non restare confuso”, divenendo una guida nei tempi difficili in cui la Chiesa polacca si trovò a dover combattere contro il comunismo.
Il cardinal Wyszynski vedeva l’alba della libertà soprattutto nella libertà spirituale dei cristiani, figli di Dio. La Grande Novena prima del Millennio del Battesimo della Polonia (1957-1966) servì a rafforzare la sua profonda convinzione che “Dio aiuta” tutti e sostiene la vita sociale basata sui valori evangelici e umani. Egli vide con gli occhi della fede che “il frutto [della celebrazione] del Millennio si trovava oltre la sua soglia” – come disse nel 1958.
In realtà, “a posteriori”, ci rendiamo conto che vi furono vari frutti: la fede conservata intatta nonostante l’oppressione di un sistema ateo; il pontificato di san Giovanni Paolo II; la stessa beatificazione del cardinal Wyszyński. Ma le nostre sono solo ipotesi, in realtà solo Dio conosce l’estensione e la forma dei frutti della vita e del ministero del Primate. Senza dubbio egli seguì la via della rinuncia a se stesso e della fedeltà a Cristo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, […] chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Questa è la via delle beatitudini evangeliche: perdere per guadagnare, dimenticare se stessi per servire Dio e il prossimo, crescere in santità attraverso le prove della vita.
In un sermone pronunciato nella chiesa di Santo Stanislao a Roma nella solennità di Tutti i Santi del 1980, il cardinale Wyszyński disse, riferendosi alle otto beatitudini, che esse “non sono un’utopia, sono una necessità della vita per tutta la famiglia umana”. […] È necessario che le persone sagge, che sanno leggere i segni dei tempi, “si rendano stolte”, come l’apostolo San Paolo, per amore del Vangelo della Croce. Solo allora la faccia della terra sarà rinnovata”. Concluse aggiungendo parole che assumono una particolare rilevanza nel giorno della sua beatificazione: “Le figure dei santi che la Chiesa eleva continuamente agli altari testimoniano che il Vangelo è efficace e può rispondere alle necessità della famiglia umana, soprattutto oggi. Più ci sono persone presuntuose che solleticano solo la fantasia della gente con argomenti intelligenti, più c’è bisogno della semplicità dell’insegnamento del Vangelo per salvare gli uomini e guarire le nazioni”.
Elżbieta Róża Czacka proveniva da una famiglia aristocratica, in giovane età fu colpita da una malattia agli occhi che la portò alla cecità ad appena 22 anni. Questa sofferenza le aprì il cuore alla semplicità della vita evangelica, una vita di fede tradotta in azioni quotidiane, perché “la fede, se non è unita alle opere, è morta in se stessa”, come ha scritto San Giacomo Apostolo. Col tempo, Elżbieta fondò la Congregazione delle Ancelle Francescane della Croce, il cui carisma è il servizio ai ciechi e la preghiera per la cecità spirituale del mondo. Grazie agli sforzi di Madre Czacka, un istituto per ciechi fu fondato a Laski, vicino Varsavia.
Il cardinal Stefan Wyszyński, che da giovane fu cappellano distrettuale dell’esercito polacco del’Armia Krajowa, si trovò a Laski durante l’insurrezione di Varsavia nel 1944. A distanza di anni egli confessò che, in quel momento di prova speciale, guardò sempre con ammirazione Madre Czacka, chiedendosi come mai questa donna avesse un tale coraggio da portare avanti l’opera di assistenza ai ciechi, nonostante tutti i pericoli legati alla lotta contro l’occupante. Il cardinale notò che in Elzbieta non c’era né spavalderia né desiderio di brillare davanti agli altri, ma solo un grande amore per la patria e una profonda fiducia in Dio.
Essi furono uniti non solo dalla comune esperienza di guerra, ma anche da un legame di amicizia spirituale. Al funerale di Madre Czacka, il 19 maggio 1961, il cardinale Wyszyński parlò dei frutti della sua vita e del centro di Laski. “Il suo lavoro – disse – si è sviluppato nei raggi della Croce. […] Quest’opera è stata creata per persone che hanno trovato la vita difficile e che hanno dovuto superare costantemente le avversità. […] Dopotutto, qui praticamente tutto è stato ottenuto con il sacrificio e con una grande fede nella Provvidenza. Questa fede traspariva costantemente nella madre [Czacka]”.
La beatificazione congiunta mostra questi due beati come luminosi esempi. Guidando gli altri a Dio, infatti, si sono presi cura delle persone loro affidate affinché la loro vita terrena fosse veramente umana e segnata dall’amore. Il loro esempio ci ispira a mostrare la strada verso Dio e a testimoniare la verità del Vangelo con atti d’amore verso tutti quelli tra i quali viviamo.
Andrzej Dobrzyński