Sono felicissima di incontrare la parola di Dio nel Vangelo della XXXIa domenica. Sento una grande leggerezza, rilassamento e pace, quando Gesù rispose alla domanda degli scribi: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». L’energia dell’amore è un’energia della guarigione che mi rende serena e gioiosa. Il tempo postmoderno ci richiede di ritrovare la forza d’amare, per affrontare tutti i momenti della vita quotidiana; perché quando siamo presi da tanti impegni, non possiamo facilmente sentire il bisogno d’amare dentro noi stessi. Tuttavia, quando facciamo una piccola meditazione, i sentimenti di amore ritornano e ci rendono sempre contenti.
Amare richiede la dedizione di tutta la persona: tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente e tutta la forza. Martin Buber, nel suo famoso libro IO E TU, scriveva che amare è un’attività che svolge una persona nell’interno, perché amare è un incontro tra Io e Tu, solo così possiamo entrare nel mistero d’amore e nel mistero della relazione. Nonostante, ogni tanto, la nostra relazione rimanga solo al livello di Io e Egli, gli altri restano semplicemente degli strumenti per raggiungere i nostri scopi e desideri. Quando lo scopo è realizzato, quella relazione si esaurisce. Per esempio, c’è una storia vera nella vita del Prof. Qian Liqun, quando insegnava nell’Università di Pechino. C’era un ragazzo che prendeva sempre i primi posti durante i suoi corsi, dialogava anche sempre con il Prof. durante l’intervallo o dopo la lezione. Perciò, quel giovane studente lasciò un’impressione buona al Prof. Qian. Fino a quando un giorno, quel ragazzo chiese una lettera di raccomandazione. Il Prof. Qian certamente fece quella lettera per il suo migliore studente. Però, dopodiché, quello studente non frequentò più la sua lezione. Il loro rapporto si esaurì. Quando dentro una relazione, altri diventano solo strumenti per il nostro scopo, quella relazione è Io e Egli, non diventa Io e Tu. Quindi non possiamo dire che quell’amore coinvolge tutta la persona, magari si rivolge solo alla mente: un pensiero che gli altri sono utili per me. Lo stesso vale anche per il Signore. Se la nostra preghiera è solo per ricevere un bonus dal Signore, questo rapporto con il Signore non corrisponde al primo comandamento.
Infatti, per compiere “amerai il prossimo come sé stesso” dovrebbe essere alla base l’amare il Signore con tutto sé stesso. Come Buber spiega nel IO E TU: c’era un musicista che aveva composto una canzone. Lui suonava quella canzone ai suoi vicini, ma i vicini non ne capivano la bellezza. Però gli angeli ascoltavano quella canzone e erano contentissimi per la melodia. Grazie agli angeli, anche i vicini rimasero colpiti da quella canzone. Se noi non possiamo amare il Signore, è anche difficile amare il prossimo. La nostra divinità guida sempre la nostra umanità. Anche per questo motivo, Martin Buber scrive dopo un altro libro, Il Cammino dell’uomo. Buber riprende la domanda che fa Dio ad Adamo “Dove sei?” per spiegare che questa domanda illumina sia la situazione di Adamo, nel momento in cui Dio lo interpella, sia la situazione di ogni uomo in ogni tempo e in ogni luogo, perché è una domanda che viene dal cuore. Il cammino dell’uomo inizia da “dove sei”, poi ritorna in sé stesso, nel profondo del suo cuore per cercare la risposta. Per amare il prossimo serve un primo passo interiore, affinché tutta la relazione esteriore esca dal cuore, da sé, dal luogo più intimo, e dallo spazio santo. Lo stesso, tutti i problemi vengono dai problemi del cuore. Dunque, per amare i prossimi, dobbiamo prima amare il Signore, per amare il Signore, dobbiamo prima ritornare nella casa del Signore e ritornare in sé.
È vero, che se non possiamo ritornare in noi, ed amare prima sé stessi, non possiamo amare i prossimi come sé stessi. Se non possiamo amare il Signore con tutta la nostra persona, neanche possiamo amare i prossimi con tutta la nostra persona. Un rapporto profondo e bello, infatti, non dipende dal tempo, dal luogo, o da altri elementi, ma dipende solo da questa relazione “dove sei”. Se sei veramente in te stesso, non solo nella mente, o nella forza, ma anche nel cuore e nell’anima, questa relazione fluisce e nutre anche il rapporto con la tua vita. Sinceramente, sotto l’influenza della filosofia dell’utilismo, oggi ci serve uno sforzo maggiore per essere nel cuore, quando siamo davanti gli altri. Anche nell’ uso dello smartphone, non è facile incontrare una persona con tutta la persona, perché c’è sempre la voglia di rispondere ai messaggi di WhatsApp.
«Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta, l’esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento…». Però, «Il ritorno decisivo a sé stessi è nella vita dell’uomo l’inizio del cammino. Ma è decisivo solo se conduce al cammino…la vita è un incontro.» – Martin Buber
Sophia Lilin Wu – Studentessa della Pontificia Università Gregoriana
Fot. Bart Larue/Unsplash.com