Siamo giunti al termine di questo anno liturgico con la solennità di Cristo Re dell’Universo, che ci prepara all’avvento della sua venuta; di fronte a quel bambino, piccolo e umile, nato e deposto in una mangiatoia, alla domanda che si sono posti i pastori, Erode con i dottori della legge, “chi è costui?”, ci viene offerta una risposta dalla parola che abbiamo ascoltato: “è Cristo, re dell’universo”.
Abbiamo a che fare con la parola “re” che subito ci fa pensare a qualcuno che ha potere, autorità, assoluta, di vita o di morte sui suoi sudditi, ma limitata al suo territorio o stato. Totalmente diversa è quella di Gesù: mentre tra il re e il popolo c’è un rapporto gerarchico, possiamo dire verticale con il re al vertice e il popolo in fondo fino agli ultimi, quella di Gesù è una regalità che va oltre i nostri schemi, perché è “re dell’universo” per dirci che Dio abbraccia tutto, ogni cosa, tutta la creazione, perché tutte le cose sussistono in lui. La prima lettura ci dà una visione di un potere che non finirà mai, eterno, stabile come Dio è dall’eternità; “io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo” per significare che tutto abbraccia e tutto attira a sé.
Così, in qualche modo viene meno la distanza tra il creatore e la creatura, Dio che si fa uomo, condivide la nostra condizione umana in tutto eccetto il peccato, in questo movimento dall’alto verso l’uomo redento.
Ed è questa relazione filiale, familiare con Dio, di cui ne abbiamo un esempio nella seconda lettura, quando dice che “ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio”. E sono tanti altri gli esempi della scrittura che attestano questa comunione: nella parabola dei talenti quando al servo fedele dice: “ti darò potere su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone”,oppure nel racconto del giudizio finale, quando dirà agli eletti “venite benedetti dal padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”. Non è soltanto entrare nel Regno, ma ricevere qualcosa come quando se ne entra in possesso, come l’eredità, di cui si può disporre, che ci è stata donata. Questo linguaggio di Gesù ci fa capire che il nostro dimorare con lui nel suo Regno non sarà soltanto passivo, ma “Cristo consegnerà il regno al padre anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui perché Dio sia tutto in tutti.
Allora ci domandiamo, di quale potere dispone Gesù? Quando dice “a me è stato dato ogni potere in cielo in terra”, come è possibile conciliare questa affermazione con il Vangelo di oggi che ci mostra Gesù nel culmine della sua debolezza, nell’ora della passione? Come ci ricordano i due discepoli Giacomo e Giovanni, che chiedono Gesù i primi posti, uno a destra e uno a sinistra, la regalità di Gesù è ben diversa da quella che noi, come i discepoli, possiamo intendere.
Siamo perciò chiamati a seguire il suo esempio ricordando che “se perseveriamo, con lui anche regneremo” e la via che Gesù ci ha tracciato è quella del servizio e dell’amore, che ha spinto Gesù a donare la sua vita per noi; così anche noi dobbiamo fare per i fratelli, nella via dell’umiltà, per indicare la sua presenza nel nostro mondo e nel nostro tempo.
P. Michele Messi CP