Siamo alla quarta domenica di avvento, ripercorriamo insieme brevemente, il percorso che abbiamo fatto in questo tempo, un cammino verso l’incontro con l’Emmanuele, “Dio con Noi”, in cui la figura di Giovanni Battista ci ha guidato, in un clima di attesa vigliante, cercando di suscitare in noi il desiderio. Nella prima settimana con l’annuncio di Gesù della sua seconda venuta, nella gloria, in mezzo agli sconvolgimenti della creazione… come a volerci mettere una “sana inquietudine”; poi questa parola che scende su Giovanni, nel deserto, per destare in noi “la nostra attenzione” appianando ciò che è di ostacolo e di impedimento all’incontro: e nella terza settimana, queste persone che vanno da Giovanni e gli chiedono “che cosa dobbiamo fare”, sono coloro lo “hanno ascoltato” e vedono in lui qualcuno che può dare una risposta, un aiuto al desiderio di trovare una certezza, il cammino per fare ciò che è gradito a Dio.
Il Signore con la sua parola non ha smesso di darci segni, per guidarci, e man mano che ci avviciniamo al Natale, si fanno sempre più chiari. Così, nella prima lettura, spunta un luogo preciso, Betlemme, e una donna che dovrà partorire. Ma questi segni da soli non bastano: pensiamo all’episodio dei dottori della legge all’arrivo dei magi, anche loro conoscevano le scritture, ma non riescono a capire, come se i loro occhi fossero ciechi, e non accolgono l’annuncio della venuta del Messia. Perché il segno da solo non basta, Dio non toglie la nostra libertà nel cammino, e soprattutto abbiamo bisogno di fidarci di colui che ci dona questo annuncio, e la fede ci aiuta a scorgere la presenza di Dio dove non è ancora evidente, e di andare avanti, ma con la certezza che si manifesterà.
Ed è proprio quello che ha fatto Maria, nel vangelo di oggi, che si è fidata di ciò che le ha detto l’angelo, e ci parla della visitazione a Elisabetta, di un incontro. Tutto questo lungo viaggio, si pensa più di 100 km, dalla Galilea verso Giuda, in fretta, pochi giorni dopo l’annunciazione, tutto questo per un incontro con Elisabetta.
E possiamo capirne il valore se pensiamo che non siamo ancora usciti da questo tempo di pandemia, che ci ha privato delle nostre relazioni e, quando sono state possibili, lo è stato con una mascherina, che non ci fa vedere il volto dell’altro. Quante domande ci siamo portati dentro, e abbiamo dovuto confrontarci con il dramma della solitudine, del distanziamento, scontrandoci con le nostre fragilità. La medicina ci ha aiutato, ha fatto un grande sforzo, per salvare vite, ma non può riempire i nostri bisogni interiori, più profondi. Ma è proprio in questa situazione di precarietà, di sofferenza, che può nascere un’opportunità per cogliere lo spirito del Natale.
E il Natale è Gesù che viene, che vuole incontrarci per riempire il vuoto che c’è nel nostro cuore, per farci uscire dalla nostra solitudine più profonda, che è proprio la nostalgia, la mancanza di Dio nella nostra vita.
Così Maria diventa per noi un modello da seguire, sul cammino della nostra vita, se anche noi ci apriamo a questo incontro, a questo intimo rapporto con il Signore, cuore a cuore, sull’esempio dell’incontro di Maria con Elisabetta, gusteremo i frutti di questa intima relazione con Dio, la gioia, “al saluto, il bambino ha sussultato di gioia nel grembo”… e saremo capaci di dare un senso, un significato alla nostra vita, facendone un dono per i fratelli.
Padre Michele Messi, passionsta
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