La parola di questa domenica, mi porta a pensare alla reazione, allo stupore della folla quando Gesù, 2000 anni fa pronunciava loro questa parola: quanta meraviglia, perplessità, fatica, ad accogliere la novità di questo messaggio. Ed anche a noi oggi, quelle parole risuonano difficili, perché ci scomodano; mettono ogni uomo di fronte alla sua piccolezza e ai propri limiti.
Potremmo pensare ad “addolcirle” ma esse saranno sempre le come “pietre” nella loro disarmante chiarezza e semplicità. Gesù fa tanti esempi: “amare i nemici, fare del bene a quelli che ci odiano, pregare per chi ci maltratta…” ed inevitabilmente fanno sorgere in noi tante domande, interrogativi: come fare, con chi ha manifestato odio verso di noi, oppure chi volontariamente ci ha fatto del male e ha condizionato negativamente la nostra vita, impedito i nostri sogni, i nostri progetti? Come far entrare nella nostra preghiera chi ci ha ferito? E se guardiamo la nostra vita, alle situazioni familiari, negli ambienti di lavoro… le domande sono tante, e per giunta non sono così irragionevoli.
E il rischio che dobbiamo evitare è quello di far subentrare in noi il rancore, verso coloro. Gesù ci insegna che non deve essere così. La secondo lettura ci ricorda che siamo sì uomini tratti dalla terra, ma Dio ha fatto di noi creature nuove, spirituali, rinate in virtù del battesimo che ci ha reso Figli di Dio. Allora possiamo comprendere che il nostro essere misericordiosi sull’esempio del padre che “fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”, non dipende dalle nostre forze, capacità umane, ma possiamo trovare la forza dal dono che abbiamo ricevuto, dallo Spirito che ci rende simili a Cristo. Allora tutta la nostra vita deve essere orientata verso l’amore, sia per quanto riguarda la nostra dimensione interiore “pregare, non giudicare, perdonare”, ma anche nelle opere concrete che si manifestano nella bita di ogni giorno “fare, dare, prestare”: Gesù usa verbi concreti che orientano il nostro operato, in funzione non di un tornaconto terreno, ma perché proiettati verso un bene più grande: la speranza di una gratitudine che il nostro Padre dei Cieli non dimentica verso i suoi figli, come ci è ricordato che “anche un solo bicchiere d’acqua dato ad uno di questi miei fratelli più piccoli, non perderà la sua ricompensa”.
Nella prima lettura abbiamo un esempio che ci incoraggia: pensiamo al male che si scaglia contro Davide, “solo contro 3000 uomini”, ma, nel momento in cui ha tra le mani Saul, non dice “finalmente ora posso vendicarmi di chi voleva morto! Mi faccio giustizia da solo, mi posso vendicare!” No, non si lascia prendere dalla logica del ripagare il male con il male, e guarda chi ha di fronte: per quanto le intenzioni di Saul siano malvagie, ricorda che è sempre il consacrato del Signore. Per quanto il nostro peccato possa essere grande, non potrà mai venir meno l’amore del Signore che continua ad amarci come figli.
Questa parola Gesù l’ha vissuta sulla sua pelle, in prima persona, nel momento supremo della passione quando prima di morire perdona i suoi successori “padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Anche noi, quando a volte forse non riusciamo a perdonare, ripetendoci queste parole di Gesù, prendiamo consapevolezza che tutti noi siamo bisognosi della misericordia di Dio, che ci fa prendere coscienza che non siamo migliori degli altri, tutti abbiamo i nostri difetti, e questo ci fa crescere nella compassione e amore verso i fratelli.
Padre Michele Messi, passionsta