Il clima della quaresima è scuro, perché ci chiede tanto digiuno, la penitenza e la confessione. Però, nella seconda domenica di quaresima, incontriamo il racconto della trasfigurazione di Gesù, che sembra non far parte di questo tempo liturgico. Quindi, la domanda per oggi sarebbe: qual è il legame tra la trasfigurazione di Gesù e la quaresima?
La trasfigurazione è un evento della gloria e della gioia, e tutti noi vorremmo essere sul monte Tabor per godere della manifestazione del Signore. Il messaggio di Dio è così diretto e forte, quindi non è un caso che «Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa”». Nella nostra vita, la difficoltà più grande è la mancanza di Dio, cioè il momento in cui dubitiamo dell’esistenza del Signore. Dunque, vogliamo avere una rivelazione divina personale: una visione, un miracolo, un incontro straordinario come la trasfigurazione. Quindi, la trasfigurazione nella quaresima è una confermazione della promessa da parte di Gesù: la sua passione e la risurrezione. Per fortificare la fede di Pietro, Giovanni e Giacomo, viene anche una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Nel tempo della prova, ci vuole una ratificazione; e Dio sa quali sono i nostri bisogni e le nostre debolezze, pertanto in questo momento di buio, ci porta sul monte Tabor e ci rivela il suo proprio volto. Quante volte i salmisti gridano il Signore per mostrare loro la sua faccia. Ora il Signore soddisfa la nostra preghiera e il desiderio per rivelare il suo viso.
Il tempo della quaresima è il tempo forte della liturgia, perché la quaresima simbolizza le sfide e la debolezza dell’umanità. Tuttavia, la quaresima è anche il periodo della preparazione, per essere capaci di abbracciare il miracolo più grande e più incredibile: la risurrezione.
Forse, la guerra di oggi in questo mondo è anche una preparazione, per preparare un’umanità più capace di affidarsi a Gesù Cristo, Figlio di Dio; e più capace di credere nella forza della recita del santo rosario; più in grado di creare un mondo di pace. Perché Dio può trarre il bene dal male, come Lui ha fatto sempre nella storia. Pertanto, la via per ritornare alla pace, passa solo attraverso la pace, cioè nella sicurezza e la tranquillità interiore; anzi, la paura, la protesta, mostra solo la nostra mancanza di fiducia di Dio. Se tutto è nelle mani di Dio, perché non possiamo credere che se ci affidiamo a Dio, Dio prima o poi ci aiuta nella vittoria? È vero che nessuno vuole il male, però nel male la cosa che possiamo fare è continuare affidarci e fidarci sempre di più, come Etty Hillesum aveva fatto ad Auschwitz nel 1943.
Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e lavorare sé stessi non è proprio una forma di individualismo malaticcio. Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo (Dal diario di Etty Hillesum, 1941-1943).
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, professoressa della Università degli Studi “Gabriele d’Annuncio” Chieti-Pescara
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