La Domenica della Palme è il preludio della passione del Signore: Gesù che sale a Gerusalemme, l’ultima cena, la condanna, l’abbandono, e la crocifissione. Sembra una festa, ma dietro vi è una confusione, una madre addolorata e un buio profondo. Nella passione si va alla morte, che è il contrario della vita, la quale viene evitata da tutti gli uomini. Però, da dove viene la passione? Per quale motivo il nostro Signore Gesù Cristo dovrà subire questa prova così forte e insopportabile?
Nella teologia tradizionale, crediamo che la passione viene dall’amore, perché Gesù ci ama a tal punto da morire per noi, così possiamo essere liberati dalla penitenza del peccato e godere la grazia gratuita di Dio. Tuttavia, nonostante l’amore divino così autentico, non possiamo ignorare la debolezza umana, cioè il peccato dell’uomo. Abbiamo visto la cattiveria di Giuda, la durezza di Erode e Pilato, la sciocchezza della massa, coloro che vogliono crocifiggere Gesù e la paura di Pietro. Pensavano che bastasse la morte di una persona, affinché questa persona affermasse che lui stesso è Dio. Quindi, dopo questo giorno del venerdì, tutto si muove continuamente come sempre, non cambia nulla. Nondimeno, l’evento della passione porta una giornata simile alla fine del mondo. La specie umana viene colpita fortemente. Tutti, di fronte alla sua morte, ora davano testimonianza, accettando che Gesù, quell’uomo sulla croce, non è un uomo normale. Così, possiamo capire che il peccato è una confusione dell’ordine: si riconosce Gesù come soltanto un uomo, ma non ci si rende conto che Lui è il vero Dio.
Secondo Bert Hellinger, il famoso psicologo della nostra epoca, tutti i problemi della vita sono proprio il «disorder». Quando un figlio non accetta che il suo sé è sempre piccolo rispetto a quello del padre che è sempre più grande, succederà che questo figlio dovunque andrà non potrà convivere con un superiore; perché nella sua mente, lui pensa di poter superare suo padre: quindi tutti i superiori della sua vita, sembreranno più piccoli di sé. Allo stesso modo, quando una figlia si mette sempre al posto della mamma per combattere suo babbo. Lei non può accettare la propria debolezza e limitatezza, dappertutto vive come un “salvatore”, e così non può presentarsi come una donna. Però, quando una donna vive come un uomo e non può vivere come una donna, questo è un peccato. La Domenica delle Palme ci insegna che ogni cosa ha il suo posto; quindi, il peccato è metterci al posto degli altri invece del proprio. Se il sole non stesse più in cielo ma invece nella terra, ciò sarebbe un disastro. Lo stesso, se uccidiamo un uomo giusto e versiamo il sangue dell’innocente, è come la fine del mondo: quello successo nel Venerdì Santo. Di più, se condanniamo un uomo giusto e questo uomo è Dio, la conseguenza è la condanna della propria vita, perché Dio è il donatore della vita.
Perciò, la giustificazione significa mettere tutto al proprio posto. Dio è sempre Dio, l’uomo è sempre uomo. Accettare il proprio destino e il proprio posto vuole dire liberarsi dal peccato. Grazie a Gesù, siamo giustificati.
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, professoressa della Università degli Studi “Gabriele d’Annuncio” Chieti-Pescara.
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