La vita familiare dei Wojtyla si svolse nella semplicità più assoluta: condizioni di vita modeste, aiuto reciproco, sacrifici condivisi, ma anche il calore domestico, i grandi valori della fede e della speranza che sempre hanno animato la famiglia di Karol. Tutto, gioie e dolori, erano vissuti nella più profonda unione e con grande forza d’animo, ciò temprò l’anima di Karol Wojtyla, fece fiorire e fruttificare i germi di bene ricevuti in famiglia e animò la sua speranza di essere costantemente “nella mani di Dio”.
Il piccolo principe
Pochi i ricordi che il papa conservò della madre, la rivedeva nella memoria ammalata, preda di continue visite mediche, sfinita al punto di stare per lo più sdraiata. Non si sa bene di cosa soffrisse, probabilmente di una malattia cardiaca o renale congenita. I suoi pochi ricordi sono stati arricchiti da quelli dei vicini e di coloro che la conobbero.
Halina Szczepańska, ad esempio, si ricordava di Emilia giovane quando dopo aver partorito Karol era aiutata dal figlio maggiore, Edmund (1906), a portare la carrozzina con Lolek (questo il diminutivo di Karol) su per le scale a chiocciola fino al primo piano.
Che gioia in famiglia. La signora Wojtyła portava la carrozzina con il bambino nel nostro cortile (…). C’era del verde davanti al nostro appartamento (…) C’era un pozzo al centro. Così la signora Wojtyłowa, si sedeva col bambino vicino al pozzo e io uscivo nel portico. Molto spesso mi chiedeva di scendere a occuparmi di Loleus, perché doveva preparare la cena o uscire per delle commissioni, ed io scendevo e badavo a suo figlio. (…).
Halina inoltre ricorda con stupore l’assoluta disponibilità di Edmund che:
La madre mandava continuamente a prendere i pannolini, il biberon, i vestiti. Il povero Mundek correva sempre di sopra, mi dispiaceva per lui. In quel momento ho pensato: “Cosa diventerà questo piccolo bambino? Gli saltano intorno come a un principe.
Karol fu però circondato sempre non dal lusso di un principe, ma dalla semplicità, dall’amore, dal calore dei rapporti familiari che creavano l’atmosfera che il piccolo Lolek respirò fin dai suoi primi giorni di vita. Il ricordo che i vicini hanno è quello di una famiglia unita sempre dall’amore reciproco
Il prezzo elevato di un sogno realizzato
Emilia Wojtyła ha sempre desiderato che uno dei suoi due figli diventasse medico e l’altro sacerdote. Era un sogno piuttosto ambizioso per quei tempi e per la scarsa disponibilità economica della famiglia. Ma l’impegno e i sacrifici dei genitori lo realizzarono. La coppia dovette fare notevoli sacrifici per dare ai figli un’educazione solida. Non fu facile… la famiglia viveva con un solo stipendio. Nel 1924. Edmund iniziò gli studi di medicina, durati sei anni, presso l’Università Jagellonica di Cracovia. Le tasse scolastiche furono pagate a rate.
Qualche anno dopo, le condizioni di salute di Emilia si deteriorarono a tal punto che il marito decise di andare in pensione militare anticipata. Doveva infatti occuparsi della casa, della moglie malata e del figlio più piccolo.
Zofia Pukło fu di grande aiuto per la gestione della casa facendo regolarmente visita alla famiglia Wojtyla. Ma le condizioni di Emilia intanto peggioravano sempre più, tanto che negli ultimi mesi Emilia non uscì più di casa. Una vicina, Maria Kaczorowa, ha ricordato che “nei giorni di sole veniva messa su una sedia a sdraio sul balcone” e lì la vedevano intenta a cucire o a rammendare…”. La vita di Emilia si spense nell’aprile del 1929, prima di vedere Edmund laurearsi in medicina, cosa che avvenne l’anno dopo, nel maggio del 1930. Ben presto però il giovane medico Wojtyla morì a causa di una malattia infettiva.
Il 1° novembre 1946 Karol fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Stefan Sapieha. Il sogno di Emilia che un figlio diventasse medico e l’altro sacerdote si era avverato…
Conoscendo la dirittura morale e la fede di questa famiglia possiamo ipotizzare che gli ultimi mesi della vita di Emilia, mentre il fisico si indeboliva sempre più, sempre più si rafforzava la fede e la preghiera per affidare a Dio il marito e i figli. La preghiera fiduciosa di una persona impotente di fronte a un destino inesorabile dà grande forza a sé e a gli altri.
Desiderio
Anche se i ricordi materni erano pochi, grande era la nostalgia che albergava nell’anima di Lolek. È significativo che si rivolgesse alle mamme dei suoi amici: Maria Kotlarczykowa, madre di Mieczysław, e ad Aleksandra Kydryńska, madre di Juliusz, chiamandole “mamusia”. “Era chiaramente alla ricerca di affetto materno…” come traspare anche da una delle sue liriche giovanili, intitolata “Totus Tuus”.
[…]Lo so già, madre, lo so, dici – non finire –
Non sto finendo, madre mia. Mi limiterò ad abbracciare
ai giorni di primavera, ai ricordi, ai ricordi,
al tuo seno materno, e teneramente, e teneramente -.
e che tu sia di nuovo vicino, al mio fianco.
Serenità e disciplina interiore
Anche se la perdita della madre e del fratello furono esperienze molto dolorose tanto da lasciare nel suo animo un “segno di solitudine da orfano” l’infanzia del futuro Papa non deve essere vista solo in “dimensioni dure e drammatiche”. Egli infatti fu costantemente seguito dal padre, “uomo di grande serenità e disciplina interiore”. Qualità che Karol fece sue improntando ad esse tutta la sua vita. Serenità e disciplina interiore che, strettamente collegate l’una all’altra, formano il fondamento di una fede forte che sa affrontare la sofferenza e le prove.
“A ciascuno giorno basta la sua pena” (Mt 6,34), ha insegnato Gesù, istruendoci a “cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia”, cercandoli a partire da se stessi. Le parole del Vangelo possono essere applicate all’atteggiamento di Karol Wojtyla senior e al suo rapporto con il figlio minore, quando, rimasti soli, trascorrevano molto tempo insieme. Il padre ha insegnato al figlio ad andare avanti nella vita nonostante tutto, a godere di ogni giorno, a dare forma al bene, a non perdersi nella vita, ma a sviluppare serenità e disciplina interiore.
Giovanni Paolo II ha fatto riferimento alla figura del padre in molte occasioni. In un’intervista con André Frossard, ha confessato che la vita spirituale di suo padre, dopo la perdita della moglie e del figlio maggiore, “si è approfondita enormemente”. Nell’affermazione del Papa, che qui riporto, ogni frase e ogni parola è importante:
“Ho guardato da vicino la sua vita, ho visto come sapeva esigere da se stesso, ho visto come si inginocchiava per pregare. Questa era la cosa più importante in quegli anni, […]. Un padre che sapeva esigere da se stesso, in un certo senso non doveva più esigere dal figlio. L’ho ammirato e ho imparato che bisogna esigere da se stessi e che bisogna sforzarsi di adempiere i propri doveri”.
Penso però che l’influenza del padre su Karol non debba essere legata solo alla religiosità e alla vita di preghiera, ma soprattutto al suo atteggiamento di fronte agli avvenimenti della vita. La fede e la preghiera infatti sono state la leva che gli ha permesso di risollevarsi da ogni situazione difficile dandogli il potere di trasformare i drammi del passato in un percorso verso il futuro. Non “celebrare” le ferite, ma godere la vita così com’è con le sue gioie e i suoi dolori, creando il bene intorno a sé
“Dovete esigere da voi stessi…”
Mi vengono in mente anche le parole di una meditazione tenuta dal Papa durante la preghiera di “Appello” nel santuario della Madonna Nera a Jasna Gora (18.06.1983). Giovanni Paolo II spiegando ai giovani cosa intendeva con il verbo “vegliare” disse che significava essere un uomo di coscienza, elaborare il bene dentro di sé, vincere il male e il dubbio… È in questo contesto che è stata pronunciata una frase significativa per “mettere una ferma barriera all’immoralità”. Questa frase recita: “dovete esigere da voi stessi, anche se gli altri non lo esigono da voi”.
Quando ho esaminato una copia del manoscritto di questa riflessione, sono rimasto stupito nel constatare che non c’erano né cancellazioni, né correzioni, né aggiunte nel testo. Giovanni Paolo II ha scritto questa riflessione sotto la spinta del suo cuore, della sua esperienza, della sua profonda convinzione, che gli derivava sia dall’atmosfera che aveva respirata in famiglia sia dall’esempio di suo padre.
La frase “Dovete esigere da voi stessi, anche se gli altri non esigono da voi” si collega – a mio avviso – al ricordo del padre e all’affermazione citata sopra: “L’ho ammirato e ho imparato che bisogna esigere da se stessi i…”.
L’uomo vive di speranza
Ha ragione Giovanni Paolo II quando, durante la citata riflessione pronunciata al santuario di Jasna Góra, aggiunge che “tutto dipende da come sarà l’uomo”. Quale visione dell’uomo portiamo dentro di noi, quale forma, quali obiettivi e norme ci poniamo?
Karol Wojtyla aveva molti motivi per crollare. Perse il padre nel 1941, quando aveva vent’anni. Fu stato lasciato solo durante l’occupazione nazista, eppure continuò la sua vita, perseguendo la vocazione sacerdotale, realizzando il sogno di sua madre e quell’ideale di servire la gente, che aveva ispirato suo fratello Edmund e che era stato l’esempio di suo padre, forte della sua serenità e disciplina interiore. Tutto ciò conferma e spiega le parole pronunciate durante la preghiera di “Appello” a Jasna Góra: “L’uomo non può rimanere senza una via d’uscita”. La fede e la speranza cristiane indicano che c’è sempre una via d’uscita e che a volte è necessario cercarla.
Anche se per Giovanni Paolo II la memoria della vita familiare era legata soprattutto ai drammi della perdita dei propri cari, tuttavia, nonostante questi drammi, fu anche fonte di ispirazione e di impatto nel suo atteggiamento e nel suo insegnamento sul ruolo della famiglia.
L’esempio della famiglia Wojtyła può ispirare anche le famiglie di oggi perché anche oggi, non mancano famiglie segnate da sofferenze e drammi di vario genere. Sempre deve essere d’incoraggiamento che “L’uomo non può rimanere senza una via d’uscita”.
C’è sempre un domani migliore, una scappatoia da una situazione difficile. Tutto ciò che rappresenta un valore viene messo alla prova, costa perché richiede uno sforzo, ma vale sempre la pena di darsi una possibilità e di aprire la porta al futuro.
Andrzej Dobrzyński