Nel vangelo di questa domenica Gesù, per spiegare la dottrina divina, usa una parabola che parte dalla nostra esperienza quotidiana che ci fa gioire per ciò che credevamo perduto e che abbiamo ritrovato. La nostra natura umana infatti, focalizzandosi sulle cose perdute, ce le fa rimpiangere e ci spinge a ricercarle con determinazione ed attenzione. Gesù ci narra di una pecora smarrita, di una dracma perduta, e di un figlio che si allontana dalla sua famiglia abbandonando la casa paterna. I tre protagonisti della parabola: il pastore, la donna ed il padre abbandonato, mostrano tutto il loro dolore e la loro apprensione mettendosi alla ricerca della pecora e della dracma; per il padre invece inizia un periodo di dolorosa attesa. Un atteggiamento quest’ultimo che sottolinea quanto Dio, pur addolorandosi per le nostre defezioni, rispetti la nostra libertà, attendendo il nostro ritorno.
Tutti e tre i protagonisti, però, fanno grande festa nel ritrovare ciò che avevano perduto. Un famoso esempio potrebbe essere san Agostino d’Ippona dell’antichità, oppure Thomas Merton del tempo moderno.
La conversione non vuol dire che si debba diventare un grande teologo come san Agostino o Merton. Tuttavia, la conversione è una necessità per ciascuno di noi. Il ristabilimento della relazione tra Dio e l’uomo accompagna tutta la vita; perciò, abbiamo bisogno della liturgia quotidiana e della preghiera alla mattina e alla sera per mantenerla La conversione è nella nostra vita umana, una purificazione e una giustificazione. Pensiamo a quante volte dobbiamo pulirci le mani così a quante volte dobbiamo convertirci. Nel mondo orientale, il grande saggio Confucio disse che l’uomo almeno tre volte al giorno deve esaminare la propria vita, dalla parola all’azione, dall’atteggiamento ai pensieri, ecc. Lo stesso, prima di confessarsi, i cattolici devono esaminare la propria coscienza. Per i Buddisti, è importante avere la consapevolezza di ogni pensiero e in seguito, volgere il pensiero e la mente dal male al bene, insomna convertirsi.
La conversione anche è un dono di Dio, perciò non c’è bisogno di preoccuparsi per la mancanza di forza. Come diceva Papa Francesco, «Dio dona forza alla nostra debolezza, ricchezza alla nostra povertà, conversione e perdono al nostro peccato». La conversione non è complicata, ma semplice. «È chiedere al Signore la grazia di non sparlare, di non criticare, di non chiacchierare, di volere bene a tutti. È una grazia che il Signore ci dà. Questo è convertire il cuore» (Papa Francesco).
Dunque, convertitevi, perché «ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte» (Lc 15,7).
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, professoressa della Università degli Studi “Gabriele d’Annuncio” Chieti-Pescara.
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