Uno scienziato cerca la verità nell’universo, un sacerdote cerca e trova la verità in Dio, un medico, conoscendo il corpo umano, cerca la verità nella diagnosi di una malattia, In tribunale si chiede ai testimoni la verità di un evento. C’è dunque una costante ricerca della verità che rende più libera e facile la vita.
Il Signore Gesù ha pronunciato parole significative: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. In una conversazione con lo scrittore francese Andre Frossard, Giovanni Paolo II ha sottolineato la grande importanza di queste parole di Gesù. Ha detto che queste parole non devono essere dimenticate mai. In loro c’è la salvezza dell’uomo. Perché?
La prima risposta è perché conoscendo Dio e la verità sulla sua opera di redenzione possiamo approfondire la fede cristiana e viverla nella vita personale e sociale, avanzando verso la salvezza eterna. Conoscere la verità significa anche conoscere quella verità che è in noi stessi e questo ci aiuta nella nostra salvezza.
In effetti è quello che Gesù vuole dirci nel Vangelo di questa domenica, in cui si parla di due uomini che pregano nel tempio. Uno, il fariseo elenca le sue qualità davanti a Dio. Non cita un solo difetto. L’esattore delle tasse invece non osa nemmeno alzare gli occhi, ma, inginocchiato, chiede umilmente pietà. L’atteggiamento di quest’ultimo, ci dice il Signore, è l’atteggiamento di conosce la verità su se stesso, la propria debolezza, il proprio peccato. Costui, aggiunge Gesù, se ne andò dalla preghiera giustificato. Il fariseo, invece, era abbagliato dalla propria, presunta perfezione. Egli non aveva bisogno di Dio, solo, si aspettava da Lui una ricompensa. Egli appare ignaro del suo limite umano, della sua “finitezza”, del suo peccato. Ignaro, della verità di Dio e delle altre persone che disprezza.
Gesù conclude affermando: “chiunque invece si umilia sarà esaltato”. L’umiltà infatti non consiste nell’inchinarsi a tutti coloro che mi circondano e nel dire a me stesso che sono inferiore a tutti gli altri. L’umiltà presuppone una profonda conoscenza di se stessi, presuppone rispetto per chi, agli occhi di Dio, appare migliore di noi, presuppone il sentirsi piccoli e bisognosi di Dio.
San Paolo ha affrontato molte avversità e afferma con sicurezza “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà”. Egli può considerarsi una persona umile che in sé riconosce il bene compiuto, la fedeltà a Dio e a Cristo, poiché l’umiltà non ha paura di ammettere il bene compiuto. Però egli racconta anche che durante il processo è stato abbandonato dai suoi amici, ma è riuscito a farcela perché Dio lo ha aiutato, la consapevolezza della propria debolezza gli fa perdonare coloro che lo hanno abbandonato nel momento del bisogno. Nell’esame di coscienza impariamo a guardarci con verità. Sebbene nella confessione prepariamo i peccati da confessare, è anche importante poter vedere in coscienza il bene che è stato fatto. Ringraziare per il bene e scusarsi per il male.
Un’altra cosa importante è saper accettare le critiche, ma anche gli elogi degli altri. Chiediamo a Dio di cercare costantemente la verità su noi stessi e di non fermarci, poiché , come dice Gesù “la verità ci rende liberi” e capaci di realizzare la nostra vocazione.
Don Andrzej Dobrzyński
Fot. Freely Amaury Gutierrez