Siamo nella quarta domenica del tempo ordinario, la parola ci offre il Vangelo che tutti noi abbiamo ascoltato molte volte, è uno dei brani più famosi di Gesù, il racconto delle beatitudini.
Gesù che la scorsa domenica abbiamo visto cominciare la sua vita pubblica, il suo annuncio “convertitevi, cambiate vita perché il regno dei cieli è vicino” e poi la chiamata dei primi discepoli, uomini semplici, pescatori. Ci fa capire innanzitutto chi fosse la gente che seguiva Gesù, coloro a cui Gesù si rivolge: “insegnando, annunciando il Vangelo, guarendo ogni sorta di malattie”: erano dunque uomini e donne con i loro problemi, le difficoltà della vita quotidiana, non esenti da ogni sorta di malattia… come è l’umanità di oggi, anche se abbiamo maggior benessere, facciamo esperienza dei limiti della nostra condizione umana. E per loro Gesù prende la parola “vedendo le folle” dice il Vangelo. Non parla gente a astratta, ma guarda la realtà delle persone che ha intorno, e dice una parola per loro, come anche oggi la parola parla ad ognuno di noi.
Così le beatitudini diventano, un quadro delle situazioni e degli atteggiamenti nel cuore, di fronte alla realtà della vita, e portano così un messaggio per tutta l’umanità.
Gesù innanzitutto coglie da un lato una situazione di sofferenza: pianto, fame e sete di giustizia, i perseguitati; mentre dall’altro lato esalta, loda uno stile di vita, quello del povero in spirito, il mite, il misericordioso, puri di cuore e operatori di pace… e tutti coloro sono chiamati beati.
Dobbiamo innanzitutto comprendere cosa intendeva Gesù con la parola beato, che sembra stridere con la vita concreta di quella gente: è colui che vive una condizione di grazia, che è incamminato sulla via di Dio: nella pazienza, nella povertà, nella semplicità di cuore, nella giustizia… e per questo la loro vita beata.
Ma Gesù ci dà un “perché” che non riusciremo noi a cogliere, che ci promette nel futuro, non una soluzione ai problemi, oppure una ricompensa già in questa vita, ma quella situazione si apre ad una consolazione, una gioia piena, come un ribaltamento… Come Gesù tante volte ci ha insegnato “i primi saranno gli ultimi, gli ultimi premi… Il più piccolo, il servo di tutti, sarà il più grande di tutti”. Ecco allora che vivere le beatitudini diventano per il cristiano di ogni tempo la strada per raggiungere la gioia, ossia la promessa sicura di felicità non in questa vita, ma in quella che attendiamo.
E come è possibile questo? Tutto ciò grazie a un dono di Dio, un dono che sono capaci di accogliere chi si fa povero davanti a Dio: in fondo tutte le beatitudini hanno come una base comune, di fondo, che è il cuore di chi si fa piccolo povero, umile, bisognoso davanti a Dio, che riconosce di non essere in grado di bastare a se stesso.
Così possiamo anche comprendere la preferenza di Dio per i poveri, o meglio, l’atteggiamento del povero, e quindi di chi mendica Dio, è ben gradito a Lui, come nella prima lettura abbiamo ascoltato, coloro che per la loro condizione ripongono la loro confidenza nel signore, che è loro aiuto.
Gesù non vuole soltanto tirare su nostro morale, della gente che lo seguiva, non vuole illudere le persone perché, come abbiamo ascoltato nel salmo Dio “è fedele per sempre”, lo era allora ero sarà anche oggi e domani…
Allora le beatitudini sono per noi una parola di speranza, che le situazioni che la vita porta con sé, di sofferenza, nel pianto e anche quelle di cui non riusciamo a trovare una soluzione, una via di uscita, come quella fame sete di giustizia. E così vivere le virtù, dell’umiltà, che possono far apparire come dei deboli, perdenti, secondo la sapienza di questo mondo… con Gesù possono diventare per noi la nostra forza in Cristo, e un invito a rallegrarci, a vantarci nel Signore, che ci ha promesso beni così grandi.
Michele Messi – passionista
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