Nell’antico testo Lettera a Diogneto, si scrive che «i cristiani sono rinchiusi nel mondo, ma non appartengono ad esso». Questa frase indica che la vera identità dei cristiani è l’essere Popolo di Dio, cittadini del Cielo, benché in questo momento ancora sono nel mondo. Il Signore lascia il Suo popolo qui ed ora, perché i cristiani hanno la propria missione; cioè, come la luce per illuminare la terra, e come il sale per mantenerci il sapore. In realtà, diventare la luce e il sale, è la vocazione per tutti i cristiani, che è anche il senso della vita battesimale, come il profeta, il re e il sacerdote.
Non diventano santi coloro che nulla, di luce o di sale, portano nella terra. La santità vuol dire migliorare sempre la situazione e il contesto, anche se di poco, dove abitiamo e dove viviamo. Durante il Natale, avevo parlato con un Sacerdote diocesano di Lisbona, colui che è responsabile della GMG 2023, e lui mi aveva detto che il logo della GMG 2023 è fare il bene. Su questo punto, non ero d’accordo prima, perché pensavo che “essere” è più importante che “fare”. Però, dopo un mese di riflessione, sono anche d’accordo con questo “fare il bene”; perché come la lettera di Giacomo dice che se l’opera è come il frutto della fede e della carità, possiamo essere anche giustificanti per le opere. Nonostante non possiamo vedere il cuore degli altri, ma possiamo sempre vedere le cose che gli altri hanno fatto. Quindi, dai fatti, possiamo anche sapere almeno un po’ sul loro cuore. Allo stesso modo, le opere dei cristiani sono quelle che ci fanno vedere la loro fede, il loro credo. Come San Tommaso D’Aquino disse che «Credere è un atto dell’intelletto che aderisce alla verità divina sotto il comando della volontà mossa da Dio mediante la grazia» (Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam, Sum. II-II, 2,9).
Dunque, le nostre opere sono la manifestazione del nostro intelletto e la nostra volontà mediante la grazia, che è come il testimone da pubblicare e non può nascondersi. Così, i non-cristiani possono vedere la differenza tra loro stessi e i cristiani; così, la luce può illuminare le tenebre e svegliare il senso della fede nel mondo agitato. Come nota Ad gentes, «la Chiesa è missionaria per sua natura perché ha origine dalla missione del Figlio e dello Spirito Santo» (AG 2). L’attività missionaria dunque, è l’epifania divina e la manifestazione del Suo disegno nella storia umana. L’amore di Dio non gli permette di nascondersi, perciò Dio rivela sempre se stesso, in ogni modo. I cristiani, come cooperatori di Dio, quando vivono e lavorano in questo mondo, automaticamente partecipano all’opera di Dio. Quindi, tutto quello che facciamo infatti è con Dio, per Dio e in Dio. Ovviamente, se Dio è la Luce suprema, le nostre opere naturalmente avranno la natura della luce. Come San Giovanni Paolo II disse ai giovani, «diventerete così missionari con i gesti e le parole e, dovunque lavoriate e viviate, sarte segni dell’amore di Dio, testimoni credibili della presenza amorosa di Cristo. Non dimenticate: “Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio” (Mt 5, 15)»[1].
Quando i cristiani diventano la Luce, portano anche ì il Mattino alla notte oscura di questo mondo e nel cuore di ciascuno, come nota Giuseppe Ungaretti,
Mattina
M’illumino
D’immenso.
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, professoressa della Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” Chieti-Pescara.
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[1] Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della XVII Giornata Mondiale della Gioventù (Toronto, 18-28 Luglio 2002). https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/messages/youth/documents/hf_jp-ii_mes_20010731_xvii-world-youth-day.html (L’ultimo accesso 03/02/2023).