Il vangelo di questa domenica include tre oggetti simbolici dal punto di vista della letteratura: donna, acqua, Messia. Come sempre, l’episodio del vangelo porta grande sorpresa, sia per il contesto del testo, sia per i lettori di oggi. Di solito, secondo i costumi tradizionali e le regole comuni, un giudeo non poteva parlare con una samaritana, e un uomo solitamente non parlava con una donna accanto ad un pozzo. Tuttavia, tutto quello che Gesù faceva era il contrario. Lo stesso, anche quando lui guariva nel giorno di Shabbat. Ora, la domanda: perché Gesù sembra sempre fuori dalla legge, oppure è una “normalità”?
Forse, la risposta è perché Gesù è quel Messia che dovrebbe venire. Tutti i costumi, le regole, le leggi partono della creazione dell’uomo, ma il Messia viene da Dio. Dunque, Gesù non è sotto il controllo della legge umana, ma è padrone della legge umana. In questo caso, possiamo anche riflettere sul vero senso dei costumi. «Nel campo vastissimo dei costumi meritano speciale attenzione quelli che si riferiscono alla condotta morale. Ogni popolo fissa in codici più o meno articolati ciò che il cittadino deve fare o evitare per garantire il benessere materiale e spirituale degli individui e della società. Come attesta la storia dell’umanità, anche il ramo dei costumi morali e della legislazione civile, come tutti gli altri rami del fronzuto albero della cultura, è suscettibile di sviluppo, di crescita e di regresso. E in questo ramo ancor più che negli altri si rivela l’anima di un popolo: se si tratta di un’anima nobile o ignobile, barbara o civile, gretta o generosa, vendicativa o misericordiosa ecc.»[1]. Dunque, la funzione del Messia, di Gesù, infatti, è portatrice di certi aspetti dei costumi, nella terra giudea e samaritana, a un nuovo livello. Il Messia nobiltà questa terra, finché si realizzi un progresso sociale per avvicinare maggiormente una civiltà più umana e più nobile. Il vangelo aiuta la cultura ad andare verso una destinazione più solenne. Per esempio, nella cultura Indiana, esiste il Sati, il suicidio rituale delle donne sulla pira funebre del marito; grazie ai missionari cristiani, il messaggio di Gesù aiutava molto a porre fine a questo rito.[2] Il gesto di Gesù accanto al pozzo, di chiedere l’acqua ad una samaritana, è un gesto di acculturare una nuova vita, un nuovo modo di vivere. Oppure, anche possiamo dire che porta la verità nel buio, così rende l’uomo come un essere più liberò, perché «la verità vi rende liberi» (Gv 8, 32).
Secondo S. Giovanni Paolo II, «la sintesi tra cultura e fede non solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede…Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta».[3]
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, professoressa della Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” Chieti-Pescara.
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[1] Voce «Cultura» in: Dizionario di Missiologia, Edizioni Dehoniane Bologna 1993, p. 167-175.
[2] P. Fiorello Mascarenhas SJ, Fecondità Missionaria: Ieri e oggi, il discoro per il corso di MC 2023: Pedagogia del dialogo interreligioso, PUG, 2022-2023.
[3] S. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso Nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale, il 16 gennaio 1982.