La seconda domenica di Pasqua, è la domenica della divina misericordia, otto giorni dopo la risurrezione di Gesù. Nonostante la risurrezione sia un evento vero, anche per i suoi discepoli non è stato facile da credere. Però, il vero amore porta sempre la pazienza e sa attendere. Quindi, Gesù aspettava il risveglio della fede dei suoi senza fretta. Come un Padre misericordioso prende del tempo per coltivare le virtù dei suoi figli, e sa attendere il ritorno dei figli perduti.
Per rivelare la sua vera risurrezione, Gesù stette in mezzo ai suoi discepoli e disse loro: «Pace a voi!». Poi, mostrò le suoi mani e il fianco. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non crede quando gli altri gli dicono che loro hanno visto Gesù; quindi disse: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». In realtà, Gesù sapeva già i dubbi di Tommaso, quindi otto giorni dopo, quando di nuovo stava con i suoi discepoli, permetteva a Tommaso di mettere il suo dito nelle piaghe e guardare le sue mani, poi a tendere la sua mano e metterla nel fianco di Gesù. Questo gesto non vuol essere una critica, ma piuttosto un gesto pieno d’amore, per mostrare la pazienza da parte del Signore. Gesù non lamentava o criticava quando Tommaso non credeva, ma offriva un’altra occasione più adatta e individuale per lui. Come un Maestro offre un appuntamento speciale e privato per un alunno, quando lui ancora non riesce a capire tutti gli insegnamenti ed entra in un turbamento spirituale. L’amore e la pazienza di Gesù, finalmente aprono il cuore di Tommaso, e lui disse, «Mio Signore e mio Dio!». Quando il suo cuore si apre, Gesù continuava il suo insegnamento, «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Su questo scenario, S. Giovanni Paolo II commentava:
«Con la vicenda di Tommaso, il “laboratorio della fede” si è arricchito di un nuovo elemento. La Rivelazione divina, la domanda di Cristo e la risposta dell’uomo si sono completate nell’incontro personale del discepolo col Cristo vivente, con il Risorto. Quell’incontro divenne l’inizio di una nuova relazione tra l’uomo e Cristo, una relazione in cui l’uomo riconosce esistenzialmente che Cristo è Signore e Dio; non soltanto Signore e Dio del mondo e dell’umanità, ma Signore e Dio di questa mia concreta esistenza umana. Un giorno san Paolo scriverà: “Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10, 8-9)»[1]
Sophia Lilin Wu – studentessa della Pontificia Università Gregoriana, professoressa della Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” Chieti-Pescara.
[1] Giovanni Paolo II, XV Giornata mondiale della Gioventù: Veglia di Preghiera Presieduta dal Santo Padre, Tor Vergata, Sabato 19 agosto 2000. https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2000/jul-sep/documents/hf_jp-ii_spe_20000819_gmg-veglia.html