Quando sentiamo che il tempo va veloce, sembra ieri che nuovamente un anno sta per finire e ne arriverà fra poco un altro. La nozione di “tempo” ci richiede una nuova riflessione. Secondo san Agostino di Ippona, verso il tempo del passato, abbiamo la memoria per la verifica; verso il tempo del futuro, abbiamo l’attesa; solo verso il presente, c’è il paradosso e non possiamo dire nulla.
Abbiamo l’esperienza interiore per il passato e il futuro, però non possiamo sentire il presente. Perciò, quasi tutti le religioni ci insegnano ad imparare a “stare / essere nel presente”. L’avvento è un periodo dedicato per svegliare il presente nell’essere vigilanti. Nell’esercizio spirituale dello Zen, c’è sesshin, soprattutto in Giappone. Shichi significa “sette”. Nei sette giorni, le partecipanti devono fare zazen (seduto), kinhin (camminare), ed ascoltare l’insegnamento di Zen e ricevere la guida personale. Di solito, c’è un lungo periodo di silenzio per sedere e camminare, per meditare e contemplare; ossia per osservare la parte di tempo / il presente. In realtà, quando entriamo nel presente, siamo anche nella concentrazione mentale per godere un periodo di “senza tempo”. Quindi, per il vigilante significa, lasciare Cristo vivere in noi e rimanere un momento di “atemporale”; cioè lasciare il tempo scorrere avanti, e inoltre mettere il qui ed ora in eterno.
Dunque, l’esercizio del vegliante sarebbe:
Vedere un mondo in un granello di sabbia
E un Paradiso in un fiore selvatico,
Trattenere l’infinito nel palmo della tua mano
È l’Eternità in un’ora. – Auguries of Innocence di William Blake
L’escatologia indica un modo di vivere nel ritorno di Cristo già e non ancora. Ogni momento è l’ultimo momento, quindi senza la vigilanza non si può vivere bene ed anche non si può godere la vita. L’uomo felice può vedere il volto di Dio ovunque e in ogni situazione. Ad esempio, Etty Hillesum poteva abbracciare la presenza di Dio anche nel campo di concentramento.
«Amo così tanto gli altri perché amo in ognuno un pezzetto di Te, mio Dio. Ti cerco in tutti gli uomini e spesso trovo in loro qualcosa di Te. E cerco di dissepellirTi dal loro cuore, mio Dio» [1](Il Diario, Etty Hillesum).
Come anche diceva S. Giovanni Paolo II,
L’esortazione a vegliare risuona molte volte nella liturgia, specialmente in Avvento, tempo di preparazione non soltanto al Natale, ma anche alla definitiva e gloriosa venuta di Cristo alla fine dei tempi. Esso ha quindi un significato spiccatamente escatologico ed invita il credente a trascorrere ogni giorno, ogni momento alla presenza di Colui “che è, che era e che viene” (Ap 1,4), a cui appartiene il futuro del mondo e dell’uomo. Ecco la speranza cristiana! Senza questa prospettiva, la nostra esistenza si ridurrebbe ad un vivere per la morte[2].
Sophia Lilin Wu – Dottorando di Pontificia Università Gregoriana.
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[1] Etty Hillesum, Diario nel 15 settembre 1942, Diario (1941-1943), Adelphi, Milano 2012, 146.
[2] Giovanni Paolo II, “Omelia”, Domenica, 29 novembre 1998, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1998/documents/hf_jp-ii_hom_29111998.html (accesso: 02.12.2023).