Il periodo dell’Avvento è un tempo di rinunce e penitenze; allo stesso modo, l’avvento indica anche l’attesa, quindi la speranza verso la gioia. Pertanto, dopo la prima e la seconda domenica di Avvento, la terza domenica è concentrata sul “gaudete”. Così, anche il colore dell’altare e la candela sono di colore festivo, specialmente si indossano i paramenti rosacei – rallegratevi, perché il Signore è vicino. Come la seconda lettura, da San Paolo Apostolo, «fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1Ts 5,16-24). Così, possiamo cantare “la mia anima esulta nel mio Dio”.
In seguito, il Vangelo che porta di nuovo l’annuncio di Giovanni, il suo nome è la sua missione – “Yo (Dio)” – hânan (ha avuto misericordia) – Dio fa grazia, ossia «come testimone per dare testimonianza alla luce» (Gv 1,7). Giovanni come il dono di Dio diventa una via verso la luce per gli uomini, diventa anche un percorso verso la verità. Come Mosè, dopo aver incontrato il volto di Dio, era illuminato anche il proprio viso. Ugualmente, Giovanni come “mezzo della luce” unì il sé e la luce. Quando la luce copre le tenebre, anche le tenebre si trasformano in luce – «sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 19-20).
L’Avvento, nel livello liturgico, significa tempus ante natale Domini, ossia il periodo appena precede la nascita del Signore, oppure tempus adventus Domini, cioè il periodo della venuta del Signore. Un segno della preparazione, una forte esperienza escatologica – “già non ancora”. Dunque, la gioia della nascita del salvatore ha “già non ancora” emerso – “Gaudete in Domino!”.
Così disse S. Giovanni Paolo II:
«Sapere che Dio non è lontano, ma vicino, non indifferente, ma compassionevole, non estraneo, ma Padre misericordioso che ci segue amorevolmente nel rispetto della nostra libertà: tutto questo è motivo di una gioia profonda che le alterne vicende quotidiane non possono scalfire. Caratteristica inconfondibile della gioia cristiana è che essa può convivere con la sofferenza, perché è tutta basata sull’amore. In effetti, il Signore che ci “è vicino”, al punto da farsi uomo, viene ad infonderci la sua gioia, la gioia di amare. Solo così si capisce la serena letizia dei martiri anche in mezzo alle prove, o il sorriso dei santi della carità dinanzi a chi è nel dolore: un sorriso che non offende, ma consola». [1]
Sophia Lilin Wu – dottorando di Pontificia Università Gregoriana.
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[1] Giovanni Paolo II, Angelus, III Domenica di Avvento 14 dicembre 2003, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/angelus/2003/documents/hf_jp-ii_ang_20031214.html (accesso: 16.12.2023).