Il Vangelo di questa domenica parla delle tre azioni di Gesù: la guarigione, la preghiera e il suo movimento. Quando la suocera di Simone era a letto con la febbre, Gesù si avvicinava e la faceva alzare prendendola per mano; lei subito guariva ed iniziava a servirli. Da questo episodio, si rivela di nuovo l’unione della divinità e dell’umanità in Gesù. O meglio, per Gesù, l’umanità e la divinità mai sono separate, ma sempre unite. La natura e il soprannaturale non sono mai dalla separazione ma sempre dalla distinzione. Guarigione come il miracolo evidente testimonia la definizione suprema di Marco, attraverso la parola del Padre Celeste, «Tu sei il Figlio mio, l’amato» (Mc 1,11). La malattia come tutte la sofferenza attende la liberazione, la salvezza. La destinazione dell’incarnazione è la rivelazione, ossia rivela l’identità di Gesù attraverso l’economia della liberazione. Pertanto, con l’incarnazione, il regno di Dio è veramente vicino.
In seguito, con la guarigione della suocera di Simone, da bocca a bocca si spande la voce. Ancora non è passato il giorno intero, ossia dopo il tramonto del sole, che le genti, coloro che sapevano di Gesù, portano tutti i malati e gli indemoniati. Man mano, tutte le cittadine di Cafàrnao, si riunivano davanti alla porta della città. Gesù, in continuazione, guarisce le malattie e scaccia i demoni. Cafàrnao, letteralmente significa una città di confusione e disordine; tuttavia, con la guarigione operata da Gesù, diventa anche una città della consolazione. Come osservava da San Paolo Apostolo, «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5, 20). Cafàrnao sembrava impossibile di mettere ordine, ma attraverso l’azione di Gesù diventa anche un luogo dove è più possibile ordine e grazia.
Benché ci sia la folla indietro, Gesù si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Paradossalmente, anche dopo la preghiera, Gesù non resta più alla città di Cafàrnao, ma iniziava ad andare altrove. Con la preghiera, Gesù si riposa e anche può ripartire; con la preghiera, Cafàrnao ha ricevuto la Sua benedizione e la protezione. Così, Gesù se ne va. Da questo episodio si vede anche che non possiamo limitare Gesù a un luogo o un posto o una città, perché la Sua missione è mandare il Vangelo al tutto il mondo. Perciò, contrario della logica del mondo, che è meglio mantenere il successo in un ambiente o un campo, in questo modo si aumentano anche i numeri dei clienti. Se lascio un luogo e inizio da un nuovo ambiente, sembra tutto da cominciare da capo e molto faticoso. Tuttavia, come Figlio di Dio, non ha nessuna preoccupazione per perdere i clienti; contrariamente, dove Gesù sta, arriverà la grazia e i seguaci. Da ciò si evince che ogni partenza è un esercizio della fede come la partenza di Abraham, perché Dio è onnipresente. Ogni partenza è anche la realizzazione della vocazione Cristiana, perché la nostra fede non si limita in un posto, ma ha un’applicabilità universale. Come diceva s. Giovanni Paolo II nel Redemptor Hominis, «Il Redentore dell’uomo, Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia»[1]. La creazione è la redenzione; l’incarnazione è la salvezza – ut vitam habeant abundantes.
Il mistero Verbum caro factum è lo stesso caro verbum facta, l’uno è possibile solo attraverso l’altro[2].
Sophia Lilin Wu – dottorando di Pontificia Università Gregoriana.
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[1] S. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, n. 1. https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_04031979_redemptor-hominis.html ( accesso, 03.02.2024).
[2] Cf. M. Blondel, “Letter from Maurice Blondel to Auguste Valensin”, Aix, 5 Decembre 1919, in Pierre Teilhard de Chardin Maurice Blondel Correspondence, trans. By W. Whitman, New York: Herder and Herder, 1967, 21.