Nella domenica del buon pastore, ascoltiamo nuovamente che Gesù è il buon pastore, «il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore». La relazione tra il pastore e le sue pecore è come quella di un padre con i figli; ossia il padre non lascia mai i suoi figli e sempre li protegge intorno. Il rapporto tra Gesù e i discepoli è come il pastore e le pecore, anche come padre e figli, quello che è alla base dell’amore e cura incondizionata. Questo messaggio ci conferma che nessuno è solo, perché Gesù sempre sta accanto e non ci abbandona. Ogni tanto, per salvare la vita delle pecore, il buon pastore anche può dare la propria vita. Gesù per la nostra salvezza ha già dato la sua vita. Quest’amore è una fonte di nutrimento spirituale per ogni circostanza della vita. Ovvero, una testimonianza di speranza per vivere in qualsiasi situazione.
Questa settimana sono stata a Breslavia, in Polonia, e ho potuto anche visitare la casa di Edith Stein. Edith Stein, con la sua sincera ricerca per la verità, prima si è dedicata come filosofa, poi dopo la lettura di San Teresa d’Avila, ha sacrificato la sua vita come monaca carmelitana. Il suo supremo sacrificio è il martirio come cattolica con radici ebraiche, che porta un esempio eccezionale come il buon pastore. La sua vita è breve ma intensa: quando era ancora piccola, cercava di aiutare la famiglia; come adolescente era diligente per lo studio; da adulta, stava gridando per i diritti delle donne e la popolazione ebraica; infine, come monaca carmelitana, contemplando e pregando per la Santa Chiesa e il mondo intero, fino a rinunciare alla propria vita per questo. In sintesi, attraverso la sua vita e il suo lavoro, Edith Stein ha incarnato il concetto del “buon pastore” che dà la vita per le sue pecore, offrendo un esempio tangibile per tutti noi – coloro che hanno fatto la scelta di seguire Gesù Cristo e dedicare la vita propria per essere più evidenti come Imago Dei.
Il comandamento che Gesù ha lasciato è amarsi gli uni gli altri, come Lui ci ha amati. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Pertanto, Gesù cercava di riempire la volontà del Padre, come anche Edith Stein cercava di compiere la volontà di Gesù. Come diceva San Giovanni Paolo II,
«L’allegoria del Buon Pastore e, in essa, l’immagine dell’ovile hanno fondamentale importanza per capire che cosa è la Chiesa e quali compiti essa ha da adempiere nella storia dell’uomo. La Chiesa non solo deve essere “ovile”, ma deve realizzare questo mistero, che sempre si sta compiendo tra Cristo e l’uomo: il mistero del Buon Pastore, che offre la sua vita per le pecore»[1].
Sophia Lilin Wu, dottorando di Pontificia Università Gregoriana.
Fot. Jasmin Schreiber/Unsplash.com
[1] Giovanni Paolo II, «Udienza Generale», 9 maggio 1979, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1979/documents/hf_jp-ii_aud_19790509.html (accesso: 21.04.2024).