Il Vangelo di oggi, Gv 15, 1-8 ci presenta un Mashal del vigneto, che è abbastanza conosciuto nella vita della regione del Medio Oriente. La vite è un simbolo della vita e i tralci vivono soltanto quando sono attaccati alla vite. Quindi, Gesù disse, «come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 15,4). Rimanere in Gesù significa mantenere il flusso dei canali vitali, come i tralci hanno la vita soltanto quando hanno la connessione con la vite. Lo stesso, anche la prosperità della vite non si separa con la cura dei giardinieri. Il Padre celeste è questo vignaiolo, pertanto la missione di Gesù è per la gloria del Padre. Gesù è la vera immagine del Padre. Qui, risuona la famosa metafora dell’orologio di William Paley per sostenere l’esistenza di Dio. Quando un uomo trova un orologio nel deserto, si deve per forza credere che dietro c’è un orologiaio intelligente. È stato lui che ha disegnato questo prodotto così complesso. Equivalentemente, quando incontri un vigneto con rami e foglie rigogliosi in qualsiasi stagione, si può credere che ci sia un agricoltore dietro. Gesù ci lascia di chiedere qualunque cosa a nome suo, perché anche lui allo stesso tempo chiede nel nome del Padre. Gesù è il mediatore tra noi e il Padre. Il Padre è il donatore della vita, quindi mantenere il rapporto con Gesù è mantenere il legame con il donatore della vita, ossia mantenere la vita. Perciò, senza Gesù, non possiamo fare nulla.
Il frutto viene dalle vite, e non dal tralcio. Il frutto è una manifestazione che il tralcio rimane nella vite, ovvero i fedeli permangono in un rapporto vivo con Gesù. l’albero della vite senza frutto significa che esiste un’interruzione nella connessione tra il tralcio e vite; ossia i fedeli cadono nella tentazione e trascurano la comunicazione con Gesù.
Questi versetti sono testimoni perfetti per la teologia della grazia. Fin da Sant’Agostino d’Ippona, la Chiesa sfidava il pelagianesimo, il quale sosteneva che l’uomo può salvarsi con la propria forza umana e la grazia è soltanto come un bonus aggiunto. Tuttavia, San Agostino difendeva che la grazia è necessaria per la salvezza dell’uomo, perché con il peccato originale, l’uomo di per sé non è capace di fare il bene senza l’intervento di Dio.
Come diceva San Giovanni Paolo II, «I tralci sono uniti alla vite e da essa traggono alimento così da far germogliare e crescere il “frutto”. Allo stesso modo i discepoli sono uniti al Signore e grazie a questa unione esistenziale possono operare spirituale e portare frutto…I tralci non hanno vita propria: vivono soltanto se rimangono uniti alla vite che li ha fatti nascere. La loro vita si identifica con quella della vite. Un’unica linfa scorre tra l’una e gli altri; vite e tralci hanno lo stesso frutto»[1].
Sophia Lilin Wu, Dottorando di Pontificia Università Gregoriana.
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[1] Giovanni Paolo II, Udienza Generale, Mercoledì, 25 gennaio 1995, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1995/documents/hf_jp-ii_aud_19950125.html (accesso: 27.04.2024).