Il Vangelo di Gv 15,9-17, ci guida ad entrare in un concetto fondamentale per la vita cristiana – amore. La religione Cristiana è una religione dell’amore. L’amore di Gesù viene dal Padre, e la capacità di amare dei fedeli cristiani viene dall’amore di Gesù. Quindi, per essere in grado di amare, dobbiamo ritornare sempre alla fonte – Gesù Cristo, soprattutto nel momento della sfida; ossia quando l’amare diventa difficile e impossibile. Un vero esempio è l’amore di San Giovanni Paolo II verso Mehmet Ali Ağca, un terrorista turco che aveva tentato di uccidere Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981. Grazie a San Giovanni Paolo II, Ağca era stato liberato dalla pena in Italia e deportato in Turchia. Giovanni Paolo II era anche andato il prigione per visitarlo, ancor di più aveva contattato la sua famiglia in Turchia per mandare un messaggio d’amore. C’è anche la notizia che questo amore di Papa Giovanni Paolo II aveva anche ispirato Ağca di convertirtisi alla fede cattolica. I santi hanno un grande cuore per amare, perché loro sono radicati nell’ Imago Dei – Gesù Cristo. Come virtù nucleo dei Cristiani, l’amore è un dono dello Spirito Santo – condividendo la dimensione trascendentale. Quindi, quando possiamo amare o sentire di essere amati, è un segno che siamo nello Spirito Santo. Quando sentiamo un ostacolo per amare, possiamo chiedere “viene Spirito Santo” per illuminare la sapienza di ritrovare la forza della capacità di amare.
L’amore non è solo un concetto, ma un fatto concreto – dare la vita per i propri amici e osservare i comandamenti. La relazione di amore è alla base della libertà e della comunicazione. Non è una relazione tra padrone e servo, ma una relazione tra amici. «Perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi». Il comandamento è la rivelazione tra gli amici, come anche la Parola. Dal servo, non c’è la libertà. In tutto quello che fa, deve ed è obbligato. L’amore viene dalla libertà, senza la libertà, non c’è amore. Quando Gesù libera i discepoli dallo stato degli schiavi, gli ha anche offerto la libertà – ossia la capacità di vivere nell’amore. Nella relazione interpersonale, quando si lasciano gli altri liberi, si lascia anche la possibilità agli altri per poter amare. All’uomo, sotto la liberazione di Gesù Cristo, Figlio di Dio, è donato non soltanto l’amore dagli altri, ma soprattutto la capacità di amare l’altro. Perciò, rimanere in Gesù Cristo ci rende alla pienezza dell’amore – non soltanto di ricevere ma anche la capacità di dare. La donazione dell’amore all’altro, non è che un segno della libertà.
Quando Gesù Cristo disse che “voi siete miei amici”, allo stesso tempo, significa “voi siete liberi e non più schiavi”. Quindi, amare significa anche dare la libertà agli altri. Come diceva San Giovanni Paolo II:
L’amore ci fa entrare pienamente nella vita filiale di Gesù, rendendoci figli nel Figlio: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui” (1 Gv 3, 1). L’amore trasforma la vita ed illumina anche la nostra conoscenza di Dio, fino a raggiungere quella conoscenza perfetta di cui parla san Paolo: “Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto” (1 Cor 13, 12). Occorre sottolineare il rapporto tra conoscenza e amore. La conversione intima che il cristianesimo propone è un’autentica esperienza di Dio, nel senso indicato da Gesù, durante l’ultima Cena, nella preghiera sacerdotale: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17, 3). Certamente la conoscenza di Dio ha anche una dimensione di ordine intellettuale (cfr Rm 1, 19-20). Ma l’esperienza viva del Padre e del Figlio avviene nell’amore, cioè, in ultima analisi, nello Spirito Santo, poiché “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5, 5).[1]
Sophia Lilin Wu, dottorando di Pontificia Università Gregoriana.
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[1] Giovanni Paolo II, Udienza Generale, Mercoledì, 6 ottobre 1999. https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1999/documents/hf_jp-ii_aud_06101999.html (accesso: 04.05.2024)